di Sofia Roveta
“Gli ostacoli alla digitalizzazione sono ostacoli al progresso“. Così parlava Jean-Claude Juncker sottolineando, all’inizio del suo mandato, la priorità che la Commissione avrebbe dato allo sviluppo del mercato unico digitale. All’interno di tale progetto, la riforma del copyright alla luce dei processi di digitalizzazione si rivela terreno di scontro acceso tra gli interessi degli autori e quelli dei consumatori.
Il lungo cammino verso la riforma
I tentativi di adattamento della normativa sul copyright all’evoluzione tecnologica si sono susseguite con scarso successo dagli anni ’90 fino all’ultima proposta presentata dall’ex Commissione Barroso, cadendo vittime delle forti resistenze dei titolari dei diritti e di alcuni Stati membri. La normativa che regola il copyright, costituita essenzialmente dalle Direttive Infosoc ed Ipred, risale ormai, come disse la Commissaria Neelie Kroes, “a quando Zuckerberg aveva 14 anni”.
A inizio 2015, il Parlamento Europeo ha dunque incaricato la deputata Julia Reda di analizzare i punti deboli della disciplina. La sua relazione è stata trasformata in risoluzione non vincolante dalla Plenaria del 9 luglio scorso. Sulla base di tali indicazioni, il Commissario Günther Oettinger e il Vicepresidente dell’esecutivo UE Andrus Ansip sono ora incaricati di presentare una nuova proposta di riforma entro la fine dell’anno.
Cosa prevede la risoluzione
Frammentazione: verso il Single European Copyright Title. Il Parlamento ha sottolineato la necessità di armonizzare l’attuale patchwork di 28 legislazioni nazionali, al fine di salvaguardare la certezza del diritto, il progetto di mercato unico digitale e la competitività del mercato culturale europeo.
Geo-blocking: favorire il flusso transnazionale di cultura. Secondo il Parlamento, il messaggio “siamo spiacenti, questo contenuto non è disponibile nel tuo Paese” deve sparire dagli schermi europei. La limitazione territoriale dell’accesso ai contenuti culturali online, stridente con il principio di libera circolazione e con l’idea di internet come rete globale, è dannosa per i consumatori ed impedisce alle minoranze culturali di fruire dell’offerta culturale in lingua originale. Più che sull’eliminazione delle licenze territoriali, ci si dovrebbe concentrare secondo gli europarlamentari sulla neutralizzazione dei confini digitali tramite un miglioramento della portabilità transfrontaliera delle opere protette.
Eccezioni al copyright. Ancora secondo la risoluzione approvata a Strasburgo, il recepimento delle eccezioni dovrà diventare vincolante (la Infosoc ne prevede invece 23 facoltative, vanificando ogni tentativo di armonizzazione). Per avere una Direttiva flessibile, che non si riveli presto obsoleta, si dovranno prevedere eccezioni e clausole per permettere i nuovi e futuri utilizzi delle opere protette collegati allo sviluppo tecnologico, come il data mining.
Inoltre, si dovrebbero sottrarre al copyright le opere prodotte dal settore pubblico. Sarebbe poi necessario rendere obbligatoria l’eccezione che permette a biblioteche ed enti di ricerca di prestare opere in formato digitale: si rischierebbe altrimenti di ostacolare la loro missione di promozione culturale. Infine, per il Parlamento è importante impedire che le eccezioni siano vanificate dall’utilizzo di strumenti tecnologici come i DRM.
Libertà di panorama. Dopo un controverso emendamento in commissione giuridica, la Plenaria si è espressa inoltre a favore della libertà di fotografare edifici pubblici senza previa autorizzazione dei titolari di diritti per scopi commerciali.
Tutela degli autori. La risoluzione sembra incentrata sugli interessi dei soli consumatori, ma il PE ha ribadito l’importanza di tutelare gli autori tramite equa remunerazione per la distribuzione digitale ed un rafforzamento della loro posizione contrattuale nei confronti degli intermediari.
Grandi aspettative, aspettando i risultati
Gli oppositori della riforma accusano il Parlamento Europeo di mettere a rischio la ricchezza culturale europea per dare spazio a un modello standardizzato di cultura. Inoltre, essi sostengono che i diritti degli autori siano passati in secondo piano rispetto a quelli dei consumatori, criticando le eccezioni come vere e proprie espropriazioni arbitrarie. Obiettivo delle grandi associazioni sarebbe infatti quello di mantenere invariato l’impianto dell’Infosoc ed inasprire le sanzioni previste dall’Ipred.
La portata rivoluzionaria della riforma dipenderà dunque, ancora una volta, dall’esito del “braccio di ferro” fra gli interessi di grandi intermediari, collecting societies, autorità di regolazione e consumatori.