Nella notte tra il 2 e il 3 ottobre le acque del Mediterraneo sono state teatro di uno dei più drammatici episodi che la storia delle migrazioni verso l’Europa ricordi. Il Mare Nostrum ha infatti inghiottito più di 360 persone tra uomini, donne e bambini desiderosi di fuggire da un presente insostenibile. A tale tragedia sono seguite commoventi azioni di solidarietà soprattutto da parte degli abitanti di Lampedusa, l’isola a largo della quale è avvenuto il naufragio.
A fronte di tutto questo, però, i 155 sopravvissuti alla catastrofe sono stati immediatamente iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Agrigento a causa della legge n. 94 del 15 luglio 2009. La notizia ha destato sdegno e incredulità, ma le autorità giudiziarie non hanno potuto comportarsi diversamente, a causa del reato di immigrazione clandestina. Un reato previsto dalla sopracitata legge dello Stato, approvata nell’ambito del primo “pacchetto sicurezza” dell’allora Ministro degli Interni Roberto Maroni. Provvidenzialmente questo episodio increscioso ha portato alla luce le criticità di tale previsione normativa e il 9 ottobre scorso la Commissione Giustizia del Senato vi ha apportato sostanziali modifiche.
Il dibattito pubblico che ha accompagnato quest’ultimo emendamento è stato piuttosto acceso e ha visto diversi esponenti politici dichiarare che il reato di immigrazione clandestina non è un unicum italiano, ma è presente negli altri Stati europei. Detto così, nulla da obiettare, ma scavando in profondità i distinguo non sono di poco conto e comunque le differenze nella localizzazione geografica di Paesi come Italia, Germania o Regno Unito dovrebbero invitare a riflessioni più articolate.
Tuttavia, prima è bene chiarire cosa s’intenda per “immigrazione illegale”. Si tratta dell’ingresso o il soggiorno di cittadini stranieri in violazione delle leggi sull’immigrazione del Paese di destinazione. Di norma, lo status dell’immigrato irregolare è temporaneo, poiché può accadere che persone entrate clandestinamente sanino la loro posizione per mezzo di regolarizzazioni o sanatorie. Di contro, può succedere che persone entrate regolarmente in un Paese divengano “irregolari” per il semplice fatto di avervi soggiornato più del consentito (overstaying).
La norma introdotta nel 2009 punisce a titolo di reato entrambe le fattispecie, criminalizzando mere condizioni personali. È proprio questa la critica più aspra, ossia il fatto di punire non una condotta, ma uno status (condizione individuale di migrante), quindi esser sanzionati per chi si è e non per quello che si è fatto. Non a caso, la Corte Costituzionale con la sentenza 249 del 5 luglio 2010 dichiarò illegittimo uno degli elementi più controversi del testo in oggetto, ossia l’aggravante di clandestinità che aumentava fino a un terzo le pene per qualsiasi reato fosse stato commesso da un clandestino. L’incompatibilità con il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione era peraltro evidente.
Con ulteriore sentenza, la 250/2010, la Corte stessa ritenne invece il cosiddetto “reato di clandestinità” una scelta rientrante nella sfera discrezionale del legislatore. Da ultimo, sono piovute critiche severe anche dal Parlamento Europeo, che il 23 ottobre scorso con una risoluzione bipartisan riferita implicitamente alla legge Bossi-Fini chiedeva di «modificare o rivedere eventuali normative che infliggono sanzioni a chi presta assistenza in mare». Qualora tutto questo non bastasse per criticare severamente il reato ascritto ai 155 sopravvissuti di Lampedusa, va segnalata anche la mole abnorme di processi che gravano su un sistema giudiziario non certo esemplare per efficacia ed efficienza.
Queste erano appunto alcune delle più macroscopiche criticità del reato introdotto nel 2009. Cosa accade negli altri Paesi? Come già accennato, anche altri Stati europei hanno adottato soluzioni simili, specialmente Regno Unito, Germania e Francia.
In Francia la disciplina dell’immigrazione è da ricercarsi nel Code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile. Esistono appunto due tipologie di permesso di soggiorno nel Paese transalpino: uno temporaneo della durata massima di un anno (carte de séjour temporaire) e uno a lungo termine (carte de résident) con scadenza decennale rinnovabile. Si segnala che in tale ordinamento l’immigrazione clandestina è sanzionata penalmente. Perciò, ai sensi degli articoli L. 621-1 del detto testo di riferimento, lo straniero che entri in modo irregolare o si trattenga più del consentito sul suolo francese è punito con la reclusione di un anno ed un’ammenda di 3.750 euro.
Medesimo trattamento è riservato a coloro i quali abbiano violato le disposizioni di Schengen in quanto al possesso dei documenti di viaggio. Inoltre il giudice può interdire l’ingresso o il soggiorno di chi è stato condannato per immigrazione clandestina per un periodo non eccedente i 36 mesi. Quando ciò accade, scontata la pena, il soggetto in questione viene accompagnato alla frontiera. Sono tutti temi di estrema attualità in Francia, anche e soprattutto dopo il caso di Leonarda Dibrani, la ragazzina kosovara di etnia rom espulsa dal Paese il 9 ottobre scorso dopo esser stata prelevata durante una gita scolastica. Infine, nel caso in cui lo straniero si sottragga o tenti di sottrarsi al provvedimento di accompagnamento alla frontiera, ovvero varchi nuovamente i confini transalpini dopo esserne stato allontanato, sarà punito con tre anni di reclusione.