Martedì e mercoledì sono tradizionalmente i due giorni dedicati alle partite di Champions League. Gli scorsi martedì e mercoledì, però, in campo sono scesi i 28 Ministri dello Sport dei Paesi dell’Unione Europea, riunitisi per un meeting informale a Roma organizzato nell’ambito del semestre di Presidenza italiana. Con loro alla Farnesina c’era anche Le Roi Michel Platini nella sua veste di Presidente dell’UEFA. È stata l’occasione per discutere alcuni dei temi più caldi degli ultimi anni nel calcio europeo (e non solo), ossia l’ormai famigerato fair play finanziario, lo stop alla gestione degli atleti da parte di soggetti terzi e la lotta al calcio-scommesse, già oggetto dell’audizione al PE “Match fixing, Match lost?” nel dicembre scorso.
Il punto di partenza per comprendere perché l’Unione Europea si occupi di calcio è l’articolo 165 del Trattato sul funzionamento dell‘UE che così recita: “L’azione dell’Unione è intesa: a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’equità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più giovani tra di essi.”
Inoltre, come ha riconosciuto la Corte di Giustizia, alcuni sport praticati a livello professionistico costituiscono un’attività economica. Perciò da qui ancora maggiore enfasi sul fatto che le regole debbano essere chiare e uguali per tutti i club europei. A cominciare dalle regole finanziarie e dei loro bilanci.
Da qui nasce l’intesa con Platini che, da quando si è installato a Nyon, ha fatto del fair play finanziario il suo cavallo di battaglia, impostando la regola base per la quale una società non possa ripetutamente spendere più di quanto ricavi, oltre ad essere obbligata ad onorare il pagamento dei trasferimenti di tutti i calciatori. I maggiori club che non si sono uniformati a queste regole sono in tutto nove; due, anzi, se ne sono praticamente infischiati.
Il primo è il Manchester City dell’uomo d’affari degli Emirati Khaldoon Khalifa Al Mubarak. I Citizens sono stati infatti multati con una somma di 42 milioni di sterline (di cui 32 sospesi però), oltre ad essere costretti a disputare l’odierna edizione della Champion’s League con una lista di giocatori ristretta a 21 elementi. La seconda società è il Paris Saint-Germain del qatariota Nasser Ghanim Al-Khelaïfi. Solo questi due club insieme hanno collezionato nel biennio 2012-13 un totale di 149 milioni di sterline di perdite continuando però a comprare alcuni tra i migliori giocatori del pianeta. In generale, le perdite dei club europei nel 2012 ammontavano a 1,7 miliardi di euro.
Sul versante della gestione di calciatori da parte di soggetti terzi si è poi giunti ad un accordo che vieta questa possibilità. La pratica di detenere i diritti sportivi di un atleta da parte di soggetti diversi dalla società in cui egli milita è diffusa soprattutto in Sud America e stava prendendo sempre più piede anche in Europa. Tuttavia, è da considerarsi lesiva della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Infine, si è discusso di come arginare l’inquietante fenomeno del match-fixing. I dati di Federbet dello scorso anno restituiscono un quadro piuttosto desolante, poiché mostrano come il fenomeno sia dilagante e come nessuno dei Paesi europei possa considerarsi immune. Basta, tra l’altro, ripercorrere le vicende nel calcio nostrano degli ultimi 7-8 anni per averne una nitida percezione.
A questo proposito la Commissaria europea alla Sport Androulla Vassilou ha ricordato come l’UE abbia stretto un accordo anche con il Consiglio d’Europa. La convenzione è ormai pronta e attende di essere ratificata da tutti i Paesi europei. Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano, Graziano Delrio, a margine del meeting, ha già fatto sapere che l’Italia la firmerà prestissimo e che “l’Europa non è mai stata così unita come nello sport”.