Meccanismo unico di risoluzione delle crisi: la denominazione ufficiale lascia a desiderare in termini di presa mediatica, ma lo strumento presentato ieri dalla Commissione Europea aggiunge una freccia importante nella faretra delle misure anti-crisi. Nell’architettura dell’Unione Bancaria viene finalmente alla luce uno strumento di risoluzione ordinata degli istituti di credito, capace di valutare ed eseguire la ricapitalizzazione degli stessi, ovvero di guidarne un fallimento ordinato. Sulle normative in materia di risoluzione delle banche in crisi si era pronunciato l’ECOFIN, alla vigilia del Consiglio Europeo, fissando le linee guida di una nuova direttiva (Directive on Bank Recovery and Resolution – BRRD), ma è solo con il Single Resolution Mechanism (SRM) che il quadro istituzionale dell’Unione Bancaria può dirsi completo.
Il SRM andrebbe infatti ad affiancare e completare il ruolo del Single Supervisory Mechanism (SSM), il meccanismo unico di sorveglianza sul quale Stati Membri e Consiglio Europeo si accordarono già sul finire del 2012, in attesa di veder formulata una proposta di costruzione del “braccio operativo” dell’Unione Bancaria. Affidato alla BCE il ruolo di supervisione diretta delle banche sistemiche (cioè con asset superiori ai 30 miliardi o pari ad almeno il 20% del PIL del Paese in cui hanno sede), rimaneva da definire un quadro di intervento univoco, ancorato alle regole già discusse dall’ECOFIN, flessibile a seconda dei casi di applicazione, ma con l’obiettivo dichiarato di ridurre l’apporto di capitale pubblico nei salvataggi bancari, spostando l’onere dei salvataggi dai contribuenti ad azionisti e creditori.
Frutto del compromesso tra posizioni piuttosto eterogenee, con la Germania titubante nell’affidare ulteriori compiti “extra mandato” alla BCE e un nugolo di Paesi, Italia in testa, decisi nel portare a termine l’Unione Bancaria, il SRM si dota di una struttura peculiare: alla Banca Centrale Europea, in qualità di organismo di vigilanza, toccherà comunque il primo passo, ossia l’individuazione degli istituti per cui fosse necessario un intervento di risoluzione. Un ruolo centrale spetta al Comitato unico di risoluzione, che sarà composto da rappresentanti della BCE, della Commissione Europea e delle autorità nazionali pertinenti secondo il Paese di residenza della banca. Una sorta di troika in miniatura, cui spetterà la definizione del metodo di risoluzione e, in un secondo momento, la vigilanza sull’attuazione di tali misure da parte delle autorità nazionali, cui potrà sostituirsi in caso di inadempienza.
E’ sulla base delle raccomandazioni elaborate da questo board del SRM che la Commissione Europea prenderà in carico la decisione sull’applicazione o meno della risoluzione, all’interno di un quadro normativo compatibile con le norme del mercato unico. Proprio la scelta della Commissione come ente decisore sembra fornire quelle garanzie di indipendenza e rispetto dei Trattati tanto care a Berlino che, per voce di un funzionario di governo, si è comunque affrettata a precisare che, al momento, «i Trattati non assicurano adeguati poteri alla Commissione», posponendo l’attivazione del SRM dopo una loro modifica.
Innovativa e assolutamente centrale la proposta di un Fondo unico di risoluzione che metta a disposizione del SRM finanziamenti a medio termine, sostenuti tramite contributi del sistema bancario che, a regime, dovranno corrispondere all’1% dei depositi garantiti di tutte le banche attive nei Paesi – dentro o fuori l’eurozona – partecipanti all’Unione Bancaria, per una cifra che si aggira attorno ai 55 miliardi di euro. Consiglio, Parlamento e Commissione daranno ora via ai triloghi per la definizione di un regolamento su cui, come auspicato dal Consiglio Europeo dello scorso 28 giugno, si richiede un accordo entro la fine dell’anno per poter essere approvato nella primavera 2014.
Nel frattempo la Commissione corre ai ripari e favorisce una progressiva armonizzazione verso le nuove regole grazie ad una temporanea modifica delle norme in materia di aiuti di Stato. Mentre Michel Barnier, Commissario per il Mercato interno, plaudiva al meccanismo centralizzato che «contribuirà a spezzare il legame tra crisi del debito sovrano e banche in difficoltà», il suo omologo alla concorrenza Joaquin Almunia presentava la comunicazione con cui la Commissione subordina la concessione di aiuti pubblici alle banche a due precise condizioni: il preventivo bail-in degli azionisti e la presentazione di un piano di ristrutturazione e ricapitalizzazione che fornisca garanzie sulla solvibilità futura dell’istituto.
Inoltre, per evitare che gli eventuali salvataggi pubblici vadano a peggiorare i bilanci pubblici, il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) potrà ricapitalizzare direttamente le banche, in particolare di quelle che, per dimensioni, possono minare la stabilità dell’eurozona. Il MES interverrà qualora le finanze di uno Stato membro non fossero in grado di sopportare una ricapitalizzazione oppure per sostenere il capitale di istituti incapaci di garantire raccolta sufficiente tra i privati.
Politicamente, l’intento del meccanismo unico di risoluzione alleggerisce i governi dal peso dell’opinione pubblica, irretita nei confronti del sistema bancario per le ingenti risorse da esso drenate a scapito della spesa sociale, e dalle strumentalizzazioni di chi vede gli esecutivi europei costretti al capezzale di banche irresponsabili. Un pensiero, tra gli altri, va a Beppe Grillo, al suo insistente richiamo al caso Montepaschi e al motivetto a lungo canticchiato in campagna elettorale dagli antagonisti del governo Monti: “4 miliardi di IMU per salvare MPS”. Se, come nei piani della Commissione, Consiglio e Parlamento sapranno accordarsi entro l’aprile del 2014 (ultima sessione plenaria prima delle elezioni europee), il SRM potrà entrare in vigore dal 1 gennaio 2015, portando con sé il grimaldello per scardinare il legame velenoso tra crisi bancarie e finanze pubbliche.
In foto, Michel Barnier illustra in conferenza stampa la proposta del Meccanismo unico di risoluzione (© European Commission)