La storica giornata di ieri, giovedì 22 gennaio, verrà per sempre ricordata per l’avvio del Quantitative Easing all’europea. L’hashtag #Draghi su Twitter ha monopolizzato gran parte dell’attenzione per tutto il giorno. Cosa si nasconde dietro il termine Quantitative Easing (QE)? L’espressione indica l’operazione di politica monetaria volta a creare nuova liquidità (volgarmente, stampare nuova moneta) per acquistare Titoli di Stato. Tali programmi vengono intrapresi dalle banche centrali in momenti storici in cui crescita lenta e bassa inflazione frenano la l’economia, generando rischi di una spirale recessiva e deflattiva.
Mario Draghi ha illustrato ai giornalisti le decisioni del Consiglio Direttivo della BCE, le nuove mosse dell’istituto centrale dopo che l’indice dei prezzi dell’eurozona a dicembre ha toccato il -0,2%.
Draghi lancia il Quantitative Easing
Dal mese di marzo partirà il cosiddetto Quantitative Easing, un ampliamento della platea di titoli acquistati ogni mese dalla BCE per immettere nuova liquidità nell’eurozona. Da questo autunno, l’istituto centrale sta infatti comprando ogni mese circa 10 miliardi di euro di Covered Bond bancari e ABS (Asset Backed Securities). Fra circa un mese e mezzo, a questi 10 miliardi si sommeranno 50 miliardi di euro di Titoli di Stato dei Paesi dell’eurozona. Di conseguenza, ogni mese la somma complessiva degli acquisti toccherà i 60 miliardi di euro.
Importo molto consistente, con aspetti ambiziosi abbastanza inaspettati, dal momento che vanno abbastanza controcorrente con le chiusure poste dai cosiddetti falchi del Nord Europa. Come orizzonte temporale, gli acquisti dureranno almeno fino al mese di settembre del 2016 e potranno essere prorogati se l’inflazione non raggiungerà il target del 2% previsto dai Trattati.
Potranno essere acquistati titoli con scadenza dai 2 ai 30 anni e per importo complessivo massimo al 25% del flottante sul mercato secondario. Complessivamente poi, la BCE potrà comprare fino al 33% del debito di un Paese dell’eurozona. Infine, c’è stata l’apertura all’acquisto di Titoli di Stato di Paesi sottoposti a piano di salvataggio della Troika come la Grecia. Questi ultimi dovranno però presentare garanzie di affidabilità aggiuntive.
No alla mutualizzazione del debito
Ma quali prezzi ha dovuto pagare Draghi per raggiungere risultati così profondi e rivoluzionari nella storia della politica monetaria europea? Esclusivamente uno. Le eventuali perdite sul valore dei Titoli di Stato e su un loro eventuale default, verranno assorbite all’80% dalle banche centrali nazionali e solo al 20% saranno mutualizzate nel bilancio della BCE. Il Presidente dell’Eurotower ha però voluto minizzare su tale aspetto. Se da una parte le perdite saranno solo ipotetiche, i dividendi saranno praticamente una certezza. La Bundesbank che comprerà titoli tedeschi a tassi molto vicino allo 0, avrà ben pochi utili da distribuire al bilancio tedesco. La Banca d’Italia che invece comprerà Btp italiani, genererà un interessante reddito da signoraggio che a fine anno verserà al tesoro e alle banche italiane.
Una piccola misura di cabotaggio approvata dal Direttivo riguarda invece il taglio dei tassi di interesse sulle future operazioni di T-Ltro (prestiti a lungo termine alle banche vincolati ai prestiti alle imprese), scesi dallo 0,15% allo 0,05%.
Gli effetti del QE sull’economia italiana
Quali effetti avranno le decisioni di oggi sull’economia italiana? Innanzitutto un calo dei tassi di interesse sui Titoli di Stato, soprattutto su quelli a lunga scadenza. Oggi i tassi di interesse del Btp a 30 anni è sceso fino a toccare il 3%, mentre lo spread è caduto fino a 116 punti base. La minore spesa per interessi, unita al dividendo di Bankitalia, daranno sollievo al bilancio italiano, creando più risorse da investire nella crescita. Dato che la BCE dedicherà parte degli importi del QE per comprare bond emessi dall’EFSI (Piano Juncker degli investimenti), maggiori risorse saranno investite nel nostro Paese per dare fiato alla ripresa.
Il calo dei tassi poi si rifletterà anche su imprese e consumatori, determinando una minore spesa per indebitarsi e quindi una maggiore propensione all’indebitamento. Sarà meno oneroso accendere un mutuo per comprare una nuova abitazione o chiedere un prestito per un investimento aziendale. La Banca d’Italia stima un impatto sul PIL italiano pari a un +0,5% all’anno.