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Fair play finanziario, i Paperoni del calcio sfidano le regole Uefa

GOAT, Greatest Of All Time. Il più grande di tutti i tempi, è l’acronimo che in questo 2017 ha accompagnato l’ormai leggendario ritorno in campo di Roger Federer e la conquista dei due tornei del grandeSlam, l’ultimo a Wimbledon. Ma nei prossimi giorni sembra più che probabile che la sigla possa essere mutuata in ambito calcistico per raccontare quello può essere il trasferimento più folle e costoso della storia, il passaggio del brasiliano Neymar Jr dal Barcellona al Paris Saint Germain per una cifra che ruota attorno ai 222 milioni di euro. Più del doppio dei 105 milioni che lo scorso anno il Manchester United sborsò per strappare Paul Pogba alla Juventus, ritoccando al rialzo il record di 103 milioni spesi nel 2013 dal Real Madrid per Gareth Bale.

Cifre da capogiro che, a distanza di vent’anni, fanno impallidire i 50 miliardi (di lire, poco meno di 30 milioni di euro) che nel 1997 l’Inter di Moratti versò al Barcellona per portare in Italia il “Fenomeno” Ronaldo e raccontano la storia di un calcio che non c’è più, quello delle grandi famiglie al timone, che lascia spazio ai capitali esteri, dei fondi di investimento arabi, russi, cinesi e americani.

Un afflusso di capitali verso i grandi club dei principali campionati del Vecchio Continente cui la Uefa, il massimo organo amministrativo del calcio europeo, ha comunque tentato di porre un argine, introducendo sin dal 2012 delle regole di fair play finanziario che riducessero le distorsioni prodotte dalle spese pazze di sceicchi e tycoon. Regole, queste, riscritte da ultimo nel 2015 e che ora si trovate sfidate dal possibile trasferimento monstre di Neymar verso il PSG.

Fair play finanziario, come funziona

Sono tre le regole auree su cui vigila il Club Financial Control Body, l’organo della Uefa deputato al controllo dei conti dei club, vincolando la partecipazione alla coppe europee al raggiungimento di determinate performance di bilancio. Obbligo di pareggio di bilancio, dunque, insieme a quello di saldare tutti i debiti contratti verso club e dipendenti e di presentare periodicamente all’Uefa un piano di sviluppo economico e finanziario basato su stime accurate e realistiche delle varie voci di entrata (merchandising, sponsor, abbonamenti e biglietti, cessioni) per poter definire lo spazio finanziario di azione per il calciomercato.

Sul profilo del pareggio di bilancio non mancano le eccezioni, la cosiddetta break-even rule, che permette una deviazione di 5 milioni di euro rispetto al target nel corso dell’ultimo triennio preso in considerazione dall’esame che l’Uefa decide di aprire su ogni club, con la possibilità di portare il passivo a 30 milioni qualora il club sia in grado di finanziarsi autonomamente e di presentare un piano economico credibile per riportare in equilibrio le proprie finanze. Inoltre, nei casi di cambi di proprietà della squadra (casistica che ha recentemente riguardato Inter e Milan), i nuovi azionisti hanno la possibilità di concludere con la Uefa, a fronte di precise garanzie, un voluntary agreement che concede quattro anni per il risanamento dei passivi degli esercizi precedenti.

Come detto, il quadro regolatorio si applica alle competizioni Uefa (Champions League ed Europa League) ed il controllo su ogni club si attiva nell’anno successivo a quello in cui questo raggiunge, all’interno di campionati e coppe nazionali, le posizioni che consentono la qualificazione diretta o tramite turni preliminari alle coppe europee.

I casi PSG e Milan

Del caso Neymar si è detto: mai nessun club, specie dall’entrata in vigore delle nuove regole Uefa volute dall’ex presidente Michel Platini, si è lanciato in una spesa così azzardata come quella che potrebbe portare il numero 9 brasiliano allo stadio Saint-Denis. Nei giorni scorsi, Sky Sport ha ipotizzato che il club presieduto dal qatariota Nasser Al-Khelaïfi possa ricorrere ad un escamotage contabile per saldare la clausola rescissoria che lega Neymar ai blaugrana. Ossia remunerare direttamente il giocatore tramite un contratto di sponsorizzazione, lasciando allo stesso Neymar il pagamento “ufficiale” della clausola.

Storia diversa invece per il Milan che, dopo la definitiva cessione da parte di Silvio Berlusconi e Fininvest alla cordata Rossoneri Sport Investment Lux del nuovo presidente Li Yonghong, ha già ingolosito i tifosi con una campagna acquisti da 190 milioni di euro – secondi solo ai 240 sborsati dal Manchester City – mettendo tuttavia in allarme i palazzi Uefa di Losanna. Il club milanese ha infatti già chiesto di poter accedere al voluntary agreement dopo il closing tra Berlusconi e Li ma l’organo di controllo europeo si è preso tempo per esaminare nel dettaglio il piano finanziario presentato dal nuovo amministratore delegato Fassone, che potrebbe ovviamente risentire ancora di ulteriori interventi sul mercato in entrata.

Come spiegato da Andrea Traverso, responsabile Uefa per il fair play finanziario, alla testata Calcio e Finanza il Milan sta dunque approfittando della natura a posteriori dei controlli Uefa, con un programma di acquisti che possa permettere di accedere alla Champions League ed ai relativi benefit sin dalla prossima stagione. Obiettivi che si scontrano, dunque, non solo con le regole Uefa ma con ostacoli ben più tradizionali: il campo e gli undici avversari.

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L' Autore - Antonio Scarazzini

Direttore - Analista nella società di Public Affairs Cattaneo Zanetto & Co., ho frequentato un Master in European Political and Administrative Studies al Collège d'Europe di Bruges dopo la laurea a Torino in Studi Europei Dopo uno stage presso Camera di Commercio di Torino e una collaborazione di ricerca con la Fondazione Rosselli, ho collaborato dal 2014 con la Compagnia di San Paolo per lo sviluppo del programma International Affairs. Dirigo con orgoglio la redazione di Europae sin dalla sua nascita.

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