di Luigi Pellecchia
La Germania è considerata da molti la locomotiva dell’Europa, il Paese che, grazie alle sue performance economiche, è diventata il Benchmark di riferimento di tutta l’UE. Un Paese dove l’economia dovrebbe assicurare un sistema di welfare e di stabilità del lavoro tale da garantire un’adeguata stabilità sociale. Le contrastanti analisi economiche mettono però in dubbio, talvolta, questa visione.
La crescita
La Germania è la prima economia dell’UE con un PIL che rappresenta il 29% di quello dell’Eurozona e il 21% di quello dell’Europa a 28 (percentuale maggiore nell’UE post-Brexit). La spina dorsale della sua economia continua ad essere il settore manifatturiero (26% del PIL, al netto del comparto edilizio che pesa per quasi il 5%). L’agricoltura e la pesca rappresentano meno dell’1% del PIL, mentre la quota dei servizi è pari al 69%.
L’economia tedesca si caratterizza anche per il suo alto grado di internazionalizzazione. Nel 2015 la crescita del prodotto interno lordo è stata del 1,7%, una cifra di poco superiore a quella registrata l’anno precedente, mentre per quanto concerne il 1° trimestre del 2016, l’economia tedesca è cresciuta più di tutte le altre facenti parte il G7. Tuttavia, come affermano in una nota gli economisti di Barclays, nei mesi a venire questa crescita potrebbe risentire della scomparsa di due elementi favorevoli che l’hanno spinta nel recente passato: il calo dei prezzi petroliferi e l’euro debole.
Il lavoro e l’import-export
Il mercato del lavoro continua a dare segnali di ottima salute e rappresenta un fattore stabilizzante della congiuntura economica: il numero degli occupati, infatti, ha raggiunto il valore più alto dalla riunificazione ad oggi, toccando quota 43 milioni di unità con un tasso di disoccupazione del 6,1% (dati aggiornati a dicembre 2015). La disoccupazione in Germania è la metà di quella italiana, e quella giovanile è tra le più basse in Europa. Il 2015 tedesco ha visto i salari aumentare del 2% e la creazione di 400mila nuovi posti di lavoro, con un reddito pro-capite che oggi in Germania si aggira sui 40mila dollari annui.
Relativamente al commercio con l’estero, il 2015 si è concluso con un sostanziale equilibrio tra dinamica delle esportazioni (+5,7%) e quella delle importazioni (+5,4%). Secondo le stime governative, nell’anno in corso le esportazioni dovrebbero aumentare del 3,2%, le importazioni del 4,8% e la domanda interna del 2,3%. Le esportazioni nette, cui solitamente viene attribuito il successo dell’economia tedesca, hanno in effetti dato un contributo negativo alla crescita, così come pubblicato dall’ufficio federale di statistica.
È la settima volta che questo avviene negli ultimi 9 trimestri, rileva Andreas Rees, di Unicredit. «È un risultato – sostiene Rees – che non combacia con l’opinione diffusa che la Germania sia tuttora dipendente dalla sua enorme macchina da export, a svantaggio degli altri Paesi europei (si sono susseguite nel tempo anche critiche da parte della Commissione Europea e del Fondo Monetario Internazionale). In altre parole, da qualche tempo a questa parte, è in atto una certa forma di riequilibrio, sfortunatamente trascurata da molti osservatori».
Disuguaglianza
Nonostante i numeri positivi, anche i problemi permangono. La disuguaglianza ad esempio. La ricchezza in Germania è concentrata per gran parte nelle mani di poche famiglie: si stima infatti che il 10% delle famiglie più ricche disponga, oggi, di oltre il 60% della ricchezza netta tedesca. Un quadro fosco e preoccupante dell’economia e della società tedesca è quello che traccia Marcel Fratzscher, direttore del prestigioso istituto economico Diw di Berlino.
Dai dati elencati in “Verteilungskampf”, il suo libro dedicato alla “Lotta per la distribuzione”, emerge una Germania sempre più ingiusta, per niente socialdemocratica, e lacerata da una serie di gravi diseguaglianze non solo sul fronte dei redditi e delle risorse, ma soprattutto nell’accesso al sistema scolastico e per la mobilità sociale.
“Sono tante le barriere e i pregiudizi”, spiega il 45enne Fratzscher a “l’Espresso”, “che pregiudicano lo sviluppo nella Germania di oggi, in particolare per quanto riguarda le donne e i figli delle famiglie più povere. Diseguaglianze che frenano non solo la crescita dell’economia tedesca, ma anche la democrazia in Germania”