Quasi un anno è passato dall’elezione di Macron alla presidenza della Repubblica francese, eppure la sua carica riformatrice continua senza tregua. Al di là delle discussioni sull’efficacia e bontà delle misure adottate, stupisce la sua capacità di convogliare il dibattito su argomenti di politica nel senso “nobile” del termine: tematiche di principio capaci di anticipare, più che inseguire, la contingenza.
Così è anche nel caso dell’ultima proposta di riforma in materia societaria, la Loi PACTE: Plan d’action pour la croissance et la transformation des entreprises, riforma che affonda le sue radici nella fiorente discussione sul futuro ruolo sociale delle imprese nell’economia.
I primi passi con la legge Potier
Già il 24 marzo 2017, due mesi prima dell’elezione di Macron, l’Assemblea Nazionale francese aveva approvato un testo ambiziosamente innovatore, che proponeva l’imposizione di un obbligo per le multinazionali di prevenire, in modo efficace, i rischi gravi alla dignità umana e all’ambiente, non solo in Francia, ma in qualsiasi parte del mondo.
La proposta di legge portava la firma del deputato socialista Dominique Potier, il quale ha dichiarato di voler contribuire a una nuova era della globalizzazione tramite una legge “non contro l’impresa, ma per una concorrenza leale”. La portata più profondamente innovatrice del tale disegno di legge consisteva nella volontà di estendere i propri effetti al di là dei confini francesi, per tutelare anche quei Paesi che di tante tutele dopotutto non godono; basti pensare che l’evento ispiratore di questa legge fu il crollo dell’edificio commerciale Rana Plaza di Dacca, sede di diversi marchi tessili in Bangladesh, accaduto il 24 aprile 2013 e costato la vita di oltre mille persone.
Tale legge impone alle multinazionali francesi, che abbiano alle loro dipendenze almeno cinquemila lavoratori in Francia o diecimila nel mondo, di redigere, eseguire e rendere pubblico un piano avente ad oggetto tutte le misure di vigilanza ragionevolmente necessarie al fine di identificare e prevenire i rischi gravi ai diritti umani alla sicurezza delle persone e all’ambiente.
Sebbene siano stati sollevati molti dubbi sull’efficacia, applicabilità e utilità di una legge che appare più che altro una dichiarazione di principio, l’Assemblea nazionale l’ha approvata a larga maggioranza (Loi n. 2017-399 del 27 marzo 2017).
PACTE, la visione di Macron
Tuttavia, è intenzione di Macron e del suo governo spingersi oltre, così da relegare la legge Potier a mero presupposto, contesto e causa della complessa riforma in materia societaria che prende il nome di “PACTE”. La riforma ambisce a ripensare le finalità dell’impresa nonché il suo ruolo nella società, da un punto di vista soprattutto ambientale e sociale. A detta del Ministro dell’economia Bruno Le Maire, si tratterà di una vera e propria trasformazione capace di donare una nuova struttura al tessuto imprenditoriale francese.
Obiettivi ambiziosi quanto dibattuti e controversi. Invero, a detta di molti osservatori, la riforma tanto auspicata da Macron non sembra esser partita sotto la buona stella. Il metodo con cui è stata concepita è consolidato e rappresenta un po’ il fil rouge della presidenza Macron: un’ampia consultazione, durata tre settimane, che ha visto più di 7700 partecipanti, 63000 voti e circa 12800 contributi. Un risultato notevole. Ciò che emerge, tuttavia, è il forte contrasto all’interno del Governo su modalità e tempi di questa transizione.
La Loi Pacte tocca in realtà molti aspetti tipici di una riforma che voglia abbracciare l’ambito dell’impresa in senso generale: temi di corporate governance, nuovi meccanismi di facilitazione nel trasferimento d’impresa nonché l’introduzione di nuove tipologie di imprese sociali. Proprio su quest’ultimo punto si concentra un fiorente quanto interessante dibattito, che non ha risparmiato contrasti e stoccate anche all’interno dello stesso esecutivo.
Visioni diverse nel Governo
Alcuni propendono per l’inserimento della responsabilità sociale delle imprese direttamente nel Codice civile francese, rendendola obbligatoria e non derogabile. A sostegno di tale ipotesi, Nicolas Hulot, Ministro dell’ecologia, aveva dichiarato «Modificheremo l’oggetto sociale delle imprese, che non può più solamente essere il profitto». In aperto contrasto il Ministro Le Maire, il quale affermava «Credo molto di più alle opzioni e alle possibilità che agli obblighi».
Si può ben capire come una riforma del codice civile in tal senso sia un quid pluris rispetto ad una riforma societaria, rappresentando bensì un atto d’indirizzo politico forte e chiaro.
Dal canto suo, Macron sarà chiamato ad un’operazione di sintesi tra le diverse posizioni anche se, in realtà, i presupposti sembrano tendere verso una soluzione di compromesso, per una misura di soft law che possa accontentare tutti senza obbligare nessuno, lasciando mani libere e libertà di coscienza ai singoli.
Tale riforma può rappresentare un’importante passaggio per definire il metro del socialismo di Macron, il quale rimane pur sempre un’incognita: ha sorpreso in passato, può farlo nuovamente.