In attesa che il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS) entri formalmente in funzione, il Board direttivo della BEI ha approvato i primi progetti del Piano Juncker finanziati nell’ambito del programma stesso, mantenendo le promesse di anticipare i tempi. Tra i quattro Paesi beneficiari c’è anche l’Italia, che assieme alla Spagna riceverà la più alta quantità di fondi di questa prima tranche. Al centro del piano rimane il partenariato pubblico-privato a tutti i livelli, con ruoli ancora non ben definiti delle due parti. Mentre nei Paesi membri si discute di come avere accesso ai fondi – specialmente nel tentativo di creare opportunità nelle aree più colpite dalla crisi economica – a Bruxelles si tenta di ‘salvare’ i fondi già destinati alla ricerca e innovazione e alle infrastrutture.
Il via libera della BEI
Lo scorso 22 aprile la BEI ha dato il via libera ai primi 4 progetti del piano Juncker, assegnando un totale di 300 milioni di euro, che dovrebbero mobilitare un investimento totale di 850 milioni. I fondi sono destinati a progetti di ricerca medica in Spagna, alla costruzione di 14 centri sanitari in Irlanda, all’ ampliamento dell’aeroporto di Dubrovnik in Croazia e ad un progetto di rinnovamento industriale in Italia. A beneficiare di quest’ultimo sarà Arvedi, gruppo siderurgico cremonese che ha preparato un piano di investimenti di 190 milioni di euro per l’ammodernamento ed efficientamento energetico dei suoi impianti. Parallelamente, sono stati approvati anche i primi trasferimenti del Fondo d’Investimento Europeo, dedicati a piccole e medie imprese in Francia, Portogallo e Regno Unito.
Tra pubblico e privato
Al centro del Piano Juncker rimane la collaborazione tra pubblico e privato nel rilancio della competitività europea, strategia già adottata dall’UE in più contesti, tra in quali quello del programma quadro Horizon 2020, attorno al quale ruotano piattaforme di Public-Private Partnership (PPP) che riuniscono industria, università, centri di ricerca e attori pubblici per la creazione di progetti comuni. Sebbene non definito nei dettagli, il ruolo del pubblico nel Piano Juncker dovrebbe essere quello di garantire che gli investitori privati rischino meno perdite possibili dal finanziamento dei progetti approvati. Il FEIS sarà quindi il primo a subire eventuali perdite, fino all’ esaurimento del suo investimento, prima che i fondi privati siano messi a rischio – misura che dovrebbe attrarre i 315 miliardi promessi dal presidente della Commissione. Le regole precise di funzionamento rimangono tuttavia poco definite, e si spera che non vengano appesantite da procedure di approvazione dei progetti troppo lunghe e dal divieto di aiuti di stato, come sottolineato da Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, ente tramite il quale lo Stato italiano dovrebbe cofinanziare i progetti stessi.
La corsa ai fondi e il dibattito a Bruxelles
Nel frattempo, sono sempre di più gli attori che – in presenza di linee guida piuttosto generiche sui progetti da presentare – tentano di individuare le potenziali opportunità del Piano Juncker. Appare molto attivo il fronte italiano, come dimostrato ad esempio dal seminario organizzato dal capogruppo S&D Gianni Pittella a Bruxelles sulle opportunità per il sud Italia, al quale hanno partecipato anche i presidenti della Basilicata e della Calabria, nella speranza che i fondi europei aiutino le regioni più colpite dalla crisi ad uscire dalla ‘periferia d’Europa’. Più avanti nella progettazione, l’Emilia-Romagna, che ha presentato ad alcuni europarlamentari l’idea di un hub europeo della ricerca con base nella regione, in collaborazione con Cineca, l’Infn, il Garr, il Cnr e il mondo dell’università, al fine di attrarre investimenti dell’industria in ricerca e innovazione.
Si gioca invece ‘a monte’ la partita delle istituzioni europee. Difatti, più commissioni del Parlamento Europeo, a partire da quella Trasporti, hanno chiesto che nel trovare parte dei 16 miliardi con i quali il bilancio UE dovrebbe contribuire ai 21 miliardi iniziali del Piano Juncker, non vengano tolti fondi già destinati a Horizon 2020 e alla Connecting Europe Facility, ma piuttosto siano utilizzati i surplus dei budget annuali. Si eviterebbe così eliminare risorse destinate agli stessi obiettivi ai quali punta il FEIS, al fine di rendere omaggio alla crescente richiesta di un ‘giusto ritorno’da parte degli stati membri.