Allarme rosso per la Zona Euro. L’uscita dalla crisi economica sembrava ormai data per scontata in questo inizio 2014 ma per molti Paesi il pericolo è ancora dietro l’angolo. Stiamo parlando dell’ Italia, che dopo una crescita zero nel terzo trimestre 2013, ed un misero +0,1% nel quarto, torna in negativo con un -0,1% nel primo trimestre 2014. La notizia ha terrorizzato i mercati. Nella giornata di giovedì Milano è affondata di circa il 3% e lo spread è balzato dai 150 punti base fino a superare i 180. Il motivo di queste paure da parte dei mercati è fin troppo chiaro.
Se il PIL dovesse tornare a rallentare, tutte le manovre economiche impostate fino ad ora, basate su una crescita positiva nel 2014, non troverebbero più copertura. Inoltre, con crescita negativa, sarebbe molto difficile garantire il rispetto del rapporto deficit/PIL al 2,6% ed il contenimento del debito senza ulteriori interventi. Il problema non è però solo italiano. Malgrado infatti il dato aggregato per l’Eurozona sia un rassicurante +0,2%, espandendo il valore medio si trovano , oltre all’Italia, anche il -1,2% dell’Estonia (dal +0,2% dell’ultimo trimestre 2013), il -0,7% di Cipro (da -0,8%), il -0,7% del Portogallo (da +0,5%), il -0,4% della Finlandia (calo stabile) ed il disastroso -1,4% dell’Olanda (dal +1,0%). Insomma, sei Paesi su diciotto, invece che migliorare, stanno tornando negli abissi più profondi.
Notizie tiepide anche sul fronte della bilancia commerciale, dove il Super-Euro comincia a mietere le prime vittime. Il surplus della Zona Euro a marzo 2014 si è fermato a +17,1 miliardi di Euro contro i +21,9 del marzo del 2013. La causa principale è stata il calo del 0,5% dell’export, uno degli indicatori che ha evitato il tracollo di molte economie della Zona Euro, tra le quali l’Italia. Il nostro Paese sul fronte export sta vivendo un calo ancora peggiore, considerando che le esportazioni verso i Paesi extra-UE sono calate del 3,4% annuo a marzo e del 2,1% nel primo trimestre 2014 rispetto al periodo analogo dell’anno prima.
Mentre però questi dati atterrivano i mercati, uno spiraglio di luce ha iniziato ad illuminare le prospettive future. Come al solito, tutti gli occhi erano puntati addosso ad un eventuale intervento salvifico della Banca Centrale Europea. L’Eurotower ha rilasciato i dati sulle stime di inflazione del 2014 cosiddette “SPF”, ossia degli esperti esterni. Il dato va letto accostandolo alle proiezioni interne della BCE. In pratica, la proiezione SPF prevede un incremento dei prezzi nel 2014 di un +0,9% rispetto al +1,1% della scorsa rilevazione. Questo dato ha rassicurato enormemente i mercati, rimbalzati verso l’alto nella giornata di venerdì. Anche lo spread è tornato intorno a quota 170.
Si prevede una scossa da parte di Mario Draghi nella riunione di giovedì 5 giugno. Anche i falchi tedeschi della Bundesbank parrebbero pronti ad avvallare eventuali alleggerimenti monetari. Con una crescita anemica, l’inflazione non fa più paura e l’attuale +0,7% lascia enormi margini di manovra. Non bisogna però dare tutto per scontato. Il via all’operazione dipenderà totalmente dalla crescita dell’indice dei prezzi nell’Eurozona nel mese di maggio 2014. È facile prevedere che se l’indicatore dovesse scendere sotto lo 0,7% l’intervento sarebbe automatico. In caso di una permanenza in area 0,7%-0,8% sarebbe ancora molto probabile. Dallo 0,9% in su ci sarebbe invece soltanto un rinvio ai mesi di luglio-agosto.
In ogni caso non si prevede un’operazione massiccia ma al massimo interventi mirati per far ripartire il mercato del credito. Niente Quantitative Easing e Ltro illimitati alle banche, quindi. Al massimo un piccolo taglio dei tassi e un’operazione di acquisto di ABS, prestiti bancari impacchettati in strumenti finanziari ceduti alla BCE. In pratica una banca erogherà prestiti a cittadini ed imprese, li cederà all’Eurotower ed in cambio riceverà immediatamente liquidità da reinvestire in prestiti. Un’operazione molto attesa per il rilancio economico senza enormi distorsioni sul mercato dei bond.
L’Europa non ha mercati finanziari sviluppati come gli USA e l’approccio dovrà per forza essere mirato su strumenti complessi. L’acquisto di bond bancari e “corporate” finirebbe per favorire solo i grossi istituti e le multinazionali che hanno accesso ai mercati. Ognuno però dovrà svolgere i suoi compiti. Alla BCE il dovere di riavviare il credito, agli Stati ed all’Unione quello di impegnarsi maggiormente nella lotta alla disoccupazione, perno fondamentale per la ripresa economica.
Nell’immagine, Piazza Affari (© Ylbert Durishti, 2010, www.flickr.com)