Il 25 maggio si celebra ogni anno la Giornata dell’Africa, nella data di fondazione dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA), nel lontano 1963. Allora, i primi Stati indipendenti dalla colonizzazione europea percepirono sin dal primo momento la necessità di unirsi per proiettare le proprie rivendicazioni con maggior forza sulla scena internazionale. Erano attori nuovi, dalle economie estremamente deboli, perché poco diversificate ed ancora legate a quelle delle rispettive madrepatrie, e dalla posizione internazionale incerta. L’Organizzazione dell’Unità Africana voleva essere la risposta alle esigenze di un intero Continente.
A oltre 50 anni di distanza, la Giornata dell’Africa rischia di prestarsi alla retorica troppo spesso dedicata al Continente africano: una lista di casi di insicurezze e violenze, povertà e sottosviluppo, da un lato; opportunità economiche infinite e trend demografici da sfruttare, dall’altro. Manca però spesso un approccio più realistico, anche nel giorno in cui si celebra “una sola Africa”, oggi unita nell’Unione Africana, organizzazione che ha ereditato il ruolo dall’OUA.
Realismo implica infatti ricordarsi che non esiste una sola Africa, e che le ricette proposte ai vari Paesi africani dovrebbero tenere conto delle loro esigenze e necessità. D’altro canto, furono proprio i padri fondatori dell’OUA a non voler rinunciare alle proprie specificità nazionali appena conquistate per unirsi subito in una Federazione. Realismo significa però anche considerare un fenomeno strutturale come quello migratorio senza necessariamente parlare di “invasione”.
Il rapporto fra Europa ed Africa
Fin dai primi passi, il rapporto fra Africa ed Europa, non solo per i trascorsi storici, è apparso fondamentale. Da entrambe le parti: come recitava la Dichiarazione Schuman, infatti, “l’Europa sarà in grado di perseguire uno dei suoi compiti essenziali, ossia lo sviluppo del Continente dell’Africa” solo quando avesse avuto maggiori risorse a disposizione tramite il processo di integrazione. Oggi, quell’obiettivo del 1950 è da tempo realtà: l’Unione Europea è infatti il primo donatore al mondo e il principale partner internazionale a sostenere lo sviluppo in Africa.
Nei mesi ed anni a venire, tuttavia, due variabili incideranno su questa relazione, e sui risultati che la cooperazione allo sviluppo europea saprà conseguire. Da un lato, inciderà certamente quella che è stata definita “una crisi migratoria” a causa dell’improvviso aumento del numero di migranti degli ultimi anni, ma che in realtà costituisce un fenomeno ben più strutturale. Finora, la risposta europea ha saputo individuare alcune soluzioni di emergenza, come l’aumento delle risorse a disposizione di Frontex, e ha posto le basi per intervenire a più lungo termine. L’UE ha adottato una nuova Agenda sulle Migrazioni, che si avvale di diversi strumenti, da Fondi appositi (lo EU Emergency for Africa Fund) e accordi bilaterali con i principali Paesi di origine e transito, come Ciad o Niger.
Dall’altro lato, si avvicina il 2020, anno in cui scadrà l’Accordo di Cotonou fra UE e Paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico), il principale strumento normativo per la cooperazione europea in Africa, da cui dipende anche l’utilizzo delle risorse del Fondo Europeo per lo Sviluppo. Le trattative per un nuovo accordo dovranno tenere conto del mutato contesto rispetto al momento dell’entrata in vigore (era il 2000) e sicuramente il tema migratorio entrerà prepotentemente nell’agenda europea.
Entrambe le dinamiche rischiano di subordinare la complessa relazione intercontinentale a un singolo tema, quello delle migrazioni, che, seppure centrale, non risolve del tutto il rapporto fra Europa ed Africa, soprattutto se l’obiettivo europeo rimarrà solamente quello di bloccare i flussi.
Le migrazioni verso il Continente europeo difficilmente si interromperanno: per contribuire a una loro gestione più ‘ordinata’, l’Europa dovrà guardare dall’altra parte del Mediterraneo senza paura, tenendo a mente che esistono “tante Afriche”, ma che il sentimento panafricano, che si celebra oggi, è ancora molto forte. Un’apparente contraddizione. Una delle tante nei rapporti fra le due Unioni, quella Europea e quella Africana.