Negli ultimi mesi si è parlato molto di hacker, notizie false, troll ed e-mail trafugate, in particolare in relazione alle elezioni americane. A inizio gennaio sono state rese pubbliche le conclusioni di un’indagine di CIA, FBI e NSA su vari attacchi informatici che hanno colpito in primis il Partito Democratico e in misura minore anche quello Repubblicano e che hanno, secondo molti, influenzato i risultati delle presidenziali. Secondo le agenzie statunitensi, sarebbe certo il coinvolgimento dei vertici russi, che, da parte loro, hanno negato ogni connessione con i fatti.
I risultati delle indagini sugli attacchi informatici
Secondo i servizi di sicurezza statunitensi, gli attacchi in questione sarebbero stati effettuati da hacker russi su diretto ordine del Presidente Vladimir Putin: mentre l’intento iniziale sarebbe stato quello di danneggiare Hillary Clinton, nel tempo si sarebbe evoluto in una più chiara azione di sostegno a Donald Trump. Obiettivo secondario sarebbe stato anche l’indebolimento generale dell’immagine del sistema politico americano e, più in generale, della democrazia. Tra i vari episodi, si ricorda la diffusione tramite Wikileaks delle e-mail del Partito Democratico e in particolare di John Podesta, il Presidente del comitato elettorale della Clinton.
Era stata anche preparata una campagna di contestazione nel caso in cui la Clinton fosse stata eletta. Non risultano invece interferenze nei sistemi di voto elettronici. Come i servizi siano giunti a tali conclusioni non è spiegato nel rapporto diffuso al pubblico, ma potrebbe essere chiarito nelle versioni destinate al Congresso. La risposta statunitense non ha tardato a farsi sentire, e a fine dicembre si è concretizzata con l’espulsione di 35 diplomatici russi e sanzioni alle due principali agenzie di intelligence del Paese, GRU e FSB, cui va aggiunta la chiusura di due centri ricreativi di proprietà del governo russo, situati a New York e nel Maryland e, secondo gli Stati Uniti, utilizzati a scopo di spionaggio. Putin, pur esprimendo contrarietà per i provvedimenti americani, definiti provocatori, ha annunciato che non ci sarebbero state contro-sanzioni da parte di Mosca.
Perché il sostegno a Trump?
Mentre l’attuale Presidente statunitense Trump ha inizialmente bollato come ridicola l’idea di un coinvolgimento russo, è poi tornato sui suoi passi riconoscendo che Mosca ha in effetti violato i sistemi informatici della rivale, senza però avere un effetto concreto sulle elezioni. Sul perché Putin dovrebbe preferire Trump alla Clinton si sono fatte molte speculazioni, a partire dal rapporto non proprio idilliaco con quest’ultima sin da quando era Segretaria di Stato. In molti, inoltre, sottolineano che per Mosca siano più graditi leader occidentali aperti a relazioni amichevoli in virtù dei propri interessi economici – e il milionario americano sarebbe tra questi.
Resta ora da vedere come Trump si comporterà in una situazione così delicata: nel corso della sua campagna si è più volte espresso a favore della normalizzazione delle relazioni con la Russia, relazioni che si sono invece deteriorate durante la presidenza Obama. Quest’ultimo ha apertamente denunciato l’intromissione russa nel suo ultimo discorso del 2016. L’indignazione USA per l’interferenza di un altro Paese nel proprio processo elettorale è ovvia e fondata – anche se gli Stati Uniti non possono certo dirsi senza peccati in tale senso, essendosi storicamente intromessi nelle elezioni di Paesi di ogni parte mondo, dal Nicaragua alle Filippine, dal Giappone al Kenya…per menzionarne solo alcuni.
Solo la Russia?
Un altro grande attore, questa volta privilegiato da Obama e in relazione più conflittuale con Trump, ha giocato e continua a giocare un ruolo di primo piano anche nel mondo virtuale. Si tratta della Cina: si stima che tra 2014 e 2015 gruppi vicini a Pechino abbiano rubato milioni di dollari in proprietà intellettuale e hackerato milioni di profili privati. Pur avendo concluso con gli altri Paesi vari accordi in materia, la Cina ha sì ridotto il numero di attacchi verso il settore privato, ma è comunque ancora fortemente coinvolta in attività di cyber-spionaggio, sia verso gli Stati Uniti sia verso la Russia. È comunque vero che ogni Paese ha sviluppato capacità proprie, e molti fanno affidamento a gruppi non governativi per nascondere le proprie responsabilità: nel 2014, per esempio, Yahoo fu piratata con possibili danni a circa 500 milioni di account, e l’attacco fu così imponente che fu ipotizzato un coinvolgimento statale.