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Le promesse di Trump complicano le relazioni fra UE e Stati Uniti

di Luigi Pellecchia

Con la presidenza Trump, i rapporti tra Stati Uniti ed Unione Europea sono influenzati dalle decisioni che discendono dalle promesse fatte dal Presidente durante la campagna elettorale. I comportamenti assunti fino ad ora hanno contribuito ad incrinare i rapporti tra l’Europa e gli Stati Uniti: gli effetti hanno cominciato a vedersi da quest’anno.

Le questioni aperte fra Washington e Bruxelles riguardano diversi ambiti, tra cui l’ambiente, il commercio estero, la fiscalità internazionale e le aree geografiche particolarmente problematiche, come l’Iran e e la questione israelo-palestinese.

Negoziati sul clima e commercio internazionale

Già in campagna elettorale, il Presidente Trump aveva annunciato il dietro front americano sull’accordo di Parigi, relativo alle emissioni in atmosfera di CO2 e siglato nella capitale francese nel 2016. In netta controtendenza rispetto a quanto sottoscritto dall’amministrazione Obama, il neo Presidente ha definito l’accordo “non adatto” all’economia americana, in quanto penalizzerebbe gli Stati Uniti, favorendo invece gli altri Paesi. Trump ha quindi affermato che gli Sati Uniti non contribuiranno più a sovvenzionare il Green Climate Found dell’Onu. Nonostante le recenti aperture, l’amministrazione Trump sul clima rimane particolarmente scettica.

La politica commerciale prospettata si caratterizza invece, cosi come auspicato in campagna elettorale, per un forte impulso verso il protezionismo, con la minaccia di introdurre dazi doganali del 100% sulle importazioni della quasi totalità dei prodotti provenienti dalla UE. In realtà, i contenziosi commerciali tra i due blocchi non sono nuovi: ad oggi se ne contano 33 promossi dell’UE verso gli Stati Uniti e 35 viceversa. Nello specifico, gli Stati Uniti criticano l’approccio nella gestione delle questioni commerciali del WTO (l’Organizzazione Mondiale del Commercio nata nel 1990), mentre l’Europa guarda con favore a un suo ruolo centrale. 

La tassazione secondo Trump

L’utilizzo della leva fiscale per attirare gli investimenti esteri è un altro strumento che il governo Trump intende utilizzare. Già prima di Natale è stata approvata la riduzione della “Corporate Tax” dal 35 % al 21%, a fronte della quale molte aziende, tra cui FCA, hanno annunciato di voler distribuire bonus ai dipendenti proprio derivanti dalla minore tassazione applicata. Occorre, però, ricordare che anche alcuni Stati europei si stanno muovendo nella stessa direzione, come la Francia e l’Olanda.

Quello che crea maggiore preoccupazione per le imprese europee è però l’introduzione di un’accisa del 20%, chiamata “Border Tax”, che colpirà le società infragruppo operanti sul terrritorio statunitense. A tal proposito, con due missive (di cui una a firma dei Ministri del Tesoro di Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, e l’altra siglata della Commissione Europea) sono stati denunciati i rischi di discriminazione per le società non americane legati a questa tassa. Sempre in termini di tassazione, resta sempre aperto il contenzioso relativo alla Web Tax nei confronti dei colossi della rete: Washington ha infatti frenato sulla proposta di Parigi di tassare i profitti lordi.

Le divisioni sulla capitale di Israele

In politica internazionale, se da un lato, l’amministrazione Trump, è stata accondiscendente con l’UE nel salvare l’accordo con l’Iran sul nucleare, dall’altro la decisione di spostare l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme non è passata certamente inosservata, anche e soprattutto per le possibili ripercussioni sulla pace in Medio Oriente. Il confronto su tale decisione è stato portato in sede ONU dove, con una risoluzione che ha raccolto 128 voti a favore e 9 contrari, l’Europa ha avuto la meglio. Rimane poi la faccenda del “Russiagate“, che, al fine di allontanare i sospetti di eventuali accordi tra Russia e amministrazione Trump, potrebbe far sì che gli Stati Uniti adottino misure più clamorose di quelle prospettate nei confronti del Cremlino.

Molti osservatori concordano sul fatto che i rapporti tra i due blocchi atlantici siano troppo forti e vincolanti e che l’allontanamento degli Stati Uniti dalle questioni mondiali porterebbe l’UE ad avvicinarsi alla Cina e alla Russia. Questo nuovo equilibrio che verrebbe a crearsi, potrebbe costare molto caro a Washington sia in termini politici, sia economici nello scacchiere mondiale. La soluzione più auspicabile da parte degli Stati Uniti è quella di una rinegoziazione dei vari accordi come il NAFTA e il TTIP, che portino il Paese a stelle e strisce vicino a quelle condizioni che Trump ha più volte richiamato in campagna elettorale.

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L' Autore - Redazione Europae

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