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L’Unione Europea e l’Arms Trade Treaty (ATT)

Il commercio internazionale di armi convenzionali è probabilmente uno degli argomenti meno conosciuti e scarsamente dibattuti a livello internazionale. Nonostante questo, se si pensa ai molti conflitti a bassa o ad alta intensità che ci sono nel mondo, il commercio di armi è più florido che mai. 

Infatti, alcune stime indicano che il valore del commercio di armi convenzionali si aggiri attorno ai 70 miliardi di dollari all’anno. Secondo il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), il flusso internazionale di armi convenzionali tra il 2008 e il 2012 ha registrato un incremento del 17% rispetto al quinquennio precedente (2003-2007). Cifre considerevoli quindi, che portano con sé un dibattito complesso e sfaccettato. Innanzitutto, questo enorme flusso di armi più che alimentare grandi conflitti internazionali, cioè tra Stati sovrani, permette il proseguimento di numerosi conflitti locali o all’interno di una determinata regione. Il paradosso è che se le armi di distruzione di massa sono sottoposte a vincoli molto ristretti in termini di produzione e commercio, non è invece così per quelli che sono i veri protagonisti dei conflitti moderni: le armi convenzionali.

Proprio con l’obiettivo di coprire tale gap nasce l’Arms Trade Treaty (ATT), un trattato multilaterale promosso dalle Nazioni Unite. L’ATT è stato adottato dall’Assemblea Generale nell’aprile 2013 da 116 Paesi ed entrerà in vigore solo quando almeno 50 Paesi avranno depositato lo strumento di ratifica. Ad oggi, si è fermi ancora ad 11. L’obiettivo primario del trattato è di imporre degli standard internazionali per l’importazione e l’esportazione di armi. Per esempio, assicurare che l’esportazione di armi non violi la presenza di un embargo, oppure che tali armi non vengano utilizzate in violazione dei diritti umani o per scopi terroristici.

Può suonare strana l’idea di rendere il commercio di armi una pratica che non provochi “abusi dei diritti umani”, ma fintanto che la guerra continuerà ad essere un consistente momento delle relazioni internazionali, non c’è altro da fare che continuare a delimitarne e precisarne i confini politici, legali e morali. D’altro canto, il caso della Siria, dove Russia, Qatar, Arabia Saudita e Iran si accusano a vicenda di sostenere militarmente una delle parti in conflitto con l’invio di armamenti a gruppi militari non regolari, evidenzia la necessità di un quadro più chiaro per tutti, con permessi e proibizioni che coinvolgano il più alto numero di Paesi.

Nonostante tutto, tra i 116 Paesi firmatari non rientrano – per il momento – grossi esportatori di armi come la Cina, la Russia e l’India, i quali hanno deciso di astenersi in occasione della votazione. D’altra parte, invece, sono firmatari gli Stati Uniti e i Paesi dell’Unione Europea che insieme comprendono una grossa fetta del commercio mondiale di armi. 

A tale riguardo, l’UE ha giocato un ruolo molto importante. Innanzitutto, il quadro giuridico dell’Unione su tale tema è probabilmente tra i più avanzati ed efficienti, tant’è che parti dell’accordo promosso dall’ONU ricalcano quanto già previsto in ambito europeo relativamente a import/export di armi e limitazioni di varia natura. Inoltre, seppure l’UE non possa firmare o ratificare direttamente l’ATT poiché non membro dell’ONU, molte delle questioni trattate durante il negoziato rientrano nella competenza esclusiva dell’UE per la politica commerciale, cioè tutto ciò che riguarda la firma di accordi internazionali in materie relativi al commercio internazionale. Di conseguenza, la Commissione Europea è stata autorizzata dal Consiglio a negoziare alcune parti dell’accordo ATT e il 5 febbraio il PE ha votato per autorizzare gli Stati membri a ratificare l’accordo. Formalmente, l’autorizzazione riguarda le parti relative alle competenze esclusive dell’UE. Di fatto interessa il trattato intero poiché la ratifica riguarda l’accordo nel suo complesso e quindi senza tale autorizzazione uno Stato non avrebbe potuto depositare lo strumento di ratifica. 

Infine, in attesa del raggiungimento delle 50 ratifiche per vedere l’accordo in azione, UE e Stati Uniti devono utilizzare tutti gli strumenti possibili per coinvolgere attori come Cina, India, Russia e molti altri Stati che hanno deciso di non firmare l’accordo: se si considera che solo l’India vale il 12% dell’import di armi a livello globale, si capisce subito che un accordo che non coinvolga anche loro è un accordo utile a metà.

(Foto: Wikimedia Commons) 

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L' Autore - Gianluca

Appassionato di politica estera e diplomazia, felice di scrivere per questa bella rivista.

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