C’era più attesa del solito intorno al tavolo di Bruxelles, dove ieri si è svolto il 16° incontro tra i premier Ivica Dačić (Serbia) e Hashim Thaçi (Kosovo), alla presenza dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’UE, Catherine Ashton, nelle vesti di mediatore. Un’attesa dovuta alla sensazione che qualcosa, almeno per quanto riguarda le questioni elettricità e telecomunicazioni, che da giugno attendono di essere risolte, potesse sbloccarsi.
Sensazioni positive alimentate dalla notizia che ai colloqui avrebbe preso parte anche il vice-premier serbo Aleksandar Vučić. Un elemento non irrilevante: l’attuale premier Dačić (SPS) guida un governo di coalizione con SNS, che ha il maggior numero di consensi e il cui leader è proprio Vučić. Normale che, per accordi di un certo rilievo, la presenza di entrambi fosse ritenuta una garanzia.
E in effetti, alle 23 circa di ieri sera, l’accordo è stato raggiunto. Il Kosovo avrà un prefisso internazionale autonomo (0083) distinto da quello serbo, mentre pare che i serbi del Nord Kosovo potranno continuare ad utilizzare le compagnie telefoniche serbe, chiamando la Serbia senza pagare la chiamata internazionale. Capitolo elettricità: Pristina voleva rendersi completamente autonoma nell’approvvigionamento rispetto a Belgrado, da cui finora passano tutte le reti, con frequenti black-out. Obiettivo centrato, ma la Serbia dovrebbe poter continuare ad alimentare le zone abitate da serbi.
Si è discusso inoltre delle elezioni kosovare del prossimo 3 novembre, un evento che dovrebbe portare alla vera svolta nell’attuazione dell’accordo del 19 aprile, in particolare per quanto riguarda il Nord Kosovo, la cui popolazione è composta al 98% da serbi.
Un punto cardine nell’attuazione dello storico accordo è infatti la creazione dell’Associazione delle Municipalità serbe nel Nord Kosovo, ovvero un’entità autonoma, con al vertice rappresentanti eletti, nominalmente sotto la giurisdizione di Pristina, ma in realtà dotata di ampie autonomie (e su cui Belgrado si riserverà alcuni diritti, come quello di finanziarla economicamente). L’Associazione sarà il cardine del compromesso, in quanto concilierà le posizioni di Pristina – che considera illegali le attuali strutture ancora gestite dal governo serbo in Kosovo (amministrative, ma anche giudiziarie e di polizia) – e quelle di Belgrado, che non vuole “abbandonare” i serbi del nord Kosovo all’amministrazione di Pristina. Almeno nelle intenzioni, inoltre, concilierà anche le posizioni dei serbo-kosovari, che non riconoscono l’autorità di Pristina e vorrebbero continuare ad essere amministrati dalla Serbia.
L’elezione, il 3 novembre, dei rappresentanti che diverranno i vertici dell’Associazione delle Municipalità, farà in modo che gli stessi siano legittimati nelle loro scelte sia agli occhi di Pristina che a quelli di Belgrado e degli stessi serbi del Nord Kosovo. In tal modo, da rappresentanti legittimi dei serbo-kosovari, potranno svolgere appieno il ruolo che l’accordo del 19 aprile assegna loro anche negli altri settori, in particolare quello di sicurezza (il capo della polizia del nord Kosovo dovrà essere nominato su proposta dell’Associazione) e giustizia, anche se in questo settore in parte già si procede.
Fin qui le intenzioni. Gli aspetti pratici, in realtà, hanno generato e generano più di una discussione. C’è stata ad esempio la vertenza sul simbolo dello Stato kosovaro sulle schede elettorali, cui Belgrado si è opposta con forza. Ed in effetti Pristina, dopo le pressioni dell’UE, ha accettato di rimuoverlo, sostituendolo con quello della Commissione Elettorale.
C’è poi ancora in atto la questione relativa al nome della lista unica sostenuta dai partiti al governo in Serbia (SNS e SPS), ovvero “Iniziativa Civica Serbia“, che nelle intenzioni dovrebbe convogliare i voti di tutti i serbi del Kosovo (potenzialmente terza forza politica in Kosovo, in realtà le liste “serbe” registrate sono 18). A Pristina il nome non piace, la dicitura “Serbia” sembra evocare ingerenze esterne, si discute pertanto su un nome alternativo. I colloqui tra i team incaricati, in questo caso, proseguiranno anche nei prossimi giorni, anche alla presenza di rappresentanti dell’OSCE. Gli stessi serbi del Kosovo, comunque, minacciano da mesi di boicottare l’appuntamento, definito incostituzionale (hanno chiesto anche alla Corte Costituzionale serba di esprimersi) e accusano il governo serbo di tradimento.
Un boicottaggio da evitare a tutti i costi, per entrambe le parti: un’Associazione di Municipalità non legittima di fronte ai cittadini comprometterebbe l’attuazione di tutto l’accordo, con conseguenze sul percorso europeo della Serbia (il 35° capitolo riguarda il successo dei negoziati, ma in realtà è la condizione principale imposta alla Serbia) e dello stesso Kosovo, che in primavera potrebbe firmare con l’UE il suo Accordo di Associazione. Visti anche i successi di ieri, è un fallimento che l’UE non vuole prendere neanche in considerazione.
In foto il premier kosovaro Hashim Thaçi (a sinistra) e quello serbo Ivica Dačić (a destra), in un incontro dello scorso luglio presieduto da Catherine Ashton (foto: European Council).