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Global Strategy dell’UE: più una visione che una strategia

A qualche mese dalla pubblicazione della European Union Global Strategy, avvenuta lo scorso 28 giugno, l’UE sembra dover fare i conti con una realtà che mette a dura prova il suo ruolo sia come attore internazionale che come modello di governance regionale.

I contenuti

Il documento non manca certo di numerosissimi pregi: dopo un’attesa durata anni, la nuova EUGS è il frutto dello sforzo che Federica Mogherini ha compiuto negli ultimi 24 mesi per razionalizzare la visione che l’UE ha di se stessa nel mondo, dopo anni di comunicazioni e documenti mirati ad aree estremamente specifiche e limitate. Si tratta infatti di un documento lungo sessanta pagine in cui vengono toccati gli ambiti più disparati, dalla cybersecurity all’Unione energetica, dalle politiche migratorie alla strategia per la regione artica, dalle relazioni transatlantiche alle relazioni con l’Asia.

In questa visione d’ampio respiro, sono nuovamente enunciati i valori e principi su cui l’UE e la sua azione esterna si dovrebbero fondare: pace, diritti umani, parità di genere, stato di diritto, diritti fondamentali. Tutti questi elementi sono ripetutamente menzionati nel documento, sia che si parli di vicinato orientale e meridionale, sia che si parli di operazioni fuori area. E a partire da questi principi, il documento delinea cinque priorità: sicurezza interna dell’Unione, sostegno alla resilienza dei paesi del Vicinato, conflict e crisis smanagement, governance regionale e governance globale.

Ampiezza e ambizione

Tuttavia, proprio l’ampiezza e l’ambizione del documento sono forse, al tempo stesso, la sua grande forza e la sua principale debolezza: si tratta più di una visione più che una strategia. Il documento punta a ciò che l’UE vorrebbe essere, senza però spiegare chiaramente come diventarlo, né come superare tutti gli ostacoli interni ed esterni che si frappongono tra quell’immagine dell’UE e la realtà attuale. Se da un lato infatti si riconosce chiaramente la violazione del diritto internazionale da parte della Russia in Crimea, dall’altro il concetto di un’UE più “joined-up” non pare tenere conto delle crescenti tensioni interne all’Unione, delle performance dei movimenti anti-europeisti e dell’incapacità delle istituzioni nel mediare soluzioni condivise sulle crisi attuali.

Tutti elementi che di fatto paralizzano l’UE e ne minano la credibilità internazionale. Inoltre, gli ultimi mesi del 2016 hanno di fatto minato alla base intere fette del documento: nessuno fino allo scorso 28 giugno avrebbe potuto immaginare ciò che si sarebbe verificato in Turchia la notte tra il 15 e il 16 luglio, e nessuno avrebbe potuto immaginare che, all’indomani dell’8 novembre, l’outsider Donald Trump sarebbe stato salutato come il nuovo president-elect della più grande potenza mondiale a scapito dell’ex Segretaria di Stato Hillary Clinton.

Già datata, già sentita

Tutto ciò fa sì che molte (delle poche) soluzioni concrete proposte nella EUGS siano qualcosa di già datato o già sentito: la EUGS incardina il futuro delle relazioni transatlantiche su NATO e TTIP, entrambi oggetto di forti critiche da parte di Trump durante la sua campagna presidenziale. In più, l’allargamento viene ancora annoverato tra gli obiettivi strategici chiave dell’UE. Un’opzione che tiene solo superficialmente in conto come l’ipotesi di una Turchia membro dell’UE ed il trade-off rischi/opportunità dell’ingresso di alcuni paesi balcanici nell’UE siano temi sempre più divisivi.

Inoltre, il documento volge lo sguardo a una difesa integrata e all’autonomia strategica dell’UE in maniera quasi ingenua, sottostimando la forte dipendenza europea dal sostegno americano, a maggior ragione alla luce della Brexit. Si ripete per l’ennesima volta che la politica di difesa debba divenire più rapida ed efficace, quando da ormai dieci anni gli EU Battlegroups continuano a restare “parcheggiati” e la PSDC in rarissimi casi ha giocato un genuino ruolo di “game-changer” nei teatri in cui missioni UE sono state dispiegate. Si parla di crisi migratoria dicendo che occorre lavorare su un sistema di accoglienza migliore, dimenticando come quest’obiettivo sia stato fallito a più riprese negli ultimi anni.

Una nota di merito potrebbe essere fatta al riguardo dell’introduzione della “comunicazione stategica”, tema fondamentale per un’UE sempre più incapace di comunicare senza cadere in una retorica quasi paternalistica, specialmente in un momento in cui movimenti anti-europeisti guadagnano terreno in UE, anche grazie alle simpatie e all’interesse della Russia. Eppure solo poche righe vengono dedicate a questo tema, senza peraltro prospettare la strada da intraprendere. In sostanza, ciò che emerge maggiormente dal documento è che la leadership europea ha ben chiara l’idea di come l’UE dovrebbe essere, ma pare chiudere testardamente gli occhi davanti a una realtà, interna ed esterna ai confini europei, in profondo mutamento.

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L' Autore - Enrico Iacovizzi

Responsabile Difesa europea e NATO - Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso la Facoltà Roberto Ruffilli di Forlì con una tesi sull’evoluzione delle relazioni esterne dell’UE e sul suo ruolo come potenza civile globale, vivo e lavoro a Bruxelles. Appassionato di politica internazionale ed in particolare dell'evoluzione politica ed istituzionale della difesa comune europea.

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