Il Bacino del Donec, meglio noto come Donbass, è una regione dell’Ucraina confinante ad est con la Russia. Dal 2014 è lacerata da un conflitto interno dovuto alla decisione di separarsi unilateralmente dal governo centrale ucraino. Una delle regioni più industrializzate della Russia zarista prima, dell’Unione Sovietica e dell’Ucraina indipendente poi, l’attuale governo separatista del Donbass fa leva proprio sulle risorse minerarie del suo territorio per ottenere quante più concessioni possibili dal premier ucraino Groysman.
Gli inizi
Tutto è iniziato nell’aprile del 2014 quando alcuni manifestanti ucraini russofoni, considerati terroristi dall’Ucraina, con l’intento di tornare progressivamente a far parte della Russia, hanno occupato i palazzi governativi e hanno proclamato le Repubbliche indipendenti di Donetsk e di Luhansk, poi riunitesi nella Federazione della Nuova Russia. Un’entità mai stata riconosciuta dallo Stato Ucraino che naturalmente ne rivendica il territorio, considerandolo parte integrante dello Stato ucraino.
Nel settembre dello stesso anno, con l’intento di sedare un conflitto sempre più sanguinoso, il governo ucraino e l’autoproclamata Federazione hanno concluso un Protocollo nella città bielorussa di Minsk, sotto l’egida dell’OSCE. L’accordo prevedeva un cessate il fuoco immediato, lo scambio dei prigionieri e l’impegno, da parte dell’Ucraina, a garantire maggiori autonomie alle regioni di Donetsk e Luhansk. Un accordo mai stato rispettato.
Gli USA, la Russia
Sebbene i media si stiano disinteressando di un conflitto scomodo, è evidente che i soggetti coinvolti siano ben di più, ed in diverso modo. Ad esempio gli USA che, visto il neo-isolazionismo che ispira le scelte di Trump, potrebbero decidere di ridurre il supporto militare sino ad ora concesso a Kiev. Dall’altro lato, le motivazioni filo-russe dei separatisti, che hanno indotto Mosca a sostenerli attraverso un aiuto che però deve definirsi ibrido. Sebbene infatti Mosca abbia contribuito economicamente a rafforzare l’autoproclamato governo e il suo braccio militare, non ha mai manifestato l’intenzione di inglobare il Donbass né vi ha stanziato ufficialmente propri contingenti militari. Questo appoggio indiretto le è comunque costato l’applicazione delle sanzioni del Consiglio Europeo.
Ufficialmente, a raggiungere il Donbass sono stati soltanto dei volontari: l’Unione dei volontari del Donbass. Proprio questi volontari stanno in questi mesi causando delle ripercussioni interne. Il Cremlino non si è mai espresso su presunte somme di denaro versate alle famiglie dei volontari caduti o rientrati invalidi dall’est dell’Ucraina.
Motivazioni, frustrazione
Le motivazioni che li avevano spinti erano tante: dalla semplice voglia di partecipare ad una guerra reale al fascino creato dall’annessione della Crimea. Oppure l’intenzione di essere protagonisti di quello che è stato propagandato come un nuovo episodio glorioso della storia russa. Altri ancora si sono ispirati all’idea del Russkiy Mir e della propaganda sul “Mondo Russo” comprendente una cultura, una storia ed una lingua condivise all’interno di tutto lo spazio Eurasiatico.
Ad attenderli al rientro però non c’erano né la gloria né gli onori riservati agli eroi. Semmai i problemi psicologici dovuti alla costante sensazione di essere rimasti ancora in guerra e le difficoltà di reinserimento nella società. Abbandonata ogni velleità di riprendere la precedente professione, molti si adattano ad attività umili o sommerse, altri decidono di fare della guerra la loro nuova occupazione lavorando come mercenari nelle tante zone calde del globo.
Al loro disagio si somma quello dell’area in cui hanno combattuto, che Mosca non ha alcun interesse ad annettere, semmai a mantenere come zona cuscinetto al confine con l’Ucraina, da utilizzare per condizionare le scelte di Kiev, soprattutto quelle potenzialmente in chiave filo-occidentale e anti-russe. Il tutto secondo il classico schema dei “conflitti congelati” tanto caro a Mosca. Chiunque amministri questo territorio si troverà poi di fronte ad un territorio geologicamente deteriorato dal conflitto. A causa del mancato pompaggio delle acque minerarie infatti, vi è stato un aumento degli allagamenti di acque saline che hanno contaminato le fonti di acqua potabile.
A ciò si aggiunge la distruzione della maggior parte delle reti stradali di collegamento della regione. La popolazione versa poi in uno stato di emergenza, senza elettricità, acqua e gas. Nella speranza che qualcuno abbia interesse ad occuparsene, i costi della ricostruzione del Donbass si prevedono altissimi.