Sono passati cinque anni dall’intervento in Libia: il 20 ottobre 2011 Gheddafi fu scovato e giustiziato. Da allora la Libia non sembra trovare pace, è sconvolta dai combattimenti tra le varie fazioni, ed è diventata un vero e proprio regno del crimine e del traffico di esseri umani. L’Italia ha deciso di dare il suo contributo per la stabilizzazione con l’Operazione Ippocrate, inviando una task force medica.
L’operazione Ippocrate
65 tra medici e infermieri, 135 uomini per il supporto logistico, 100 paracadutisti: questi i numeri degli uomini mandati dall’Italia in Libia a fine settembre, nel contesto dell’operazione Ippocrate. Un intervento che non è militare, ma umanitario: non “boots-on-the-ground”, ha sottolineato Paolo Gentiloni, Ministro degli Esteri, ma piuttosto “meds-on-the-ground”. E che deriva da un’esplicita richiesta del Primo Ministro Fayez Serraj, a capo del governo libico di unità nazionale, che l’ha formalizzata in una lettera inviata al governo italiano ad agosto.
Che cosa fanno gli uomini italiani? Stanziati a Misurata, a meno di 300 km da Sirte, la roccaforte dell’ISIS in Libia, forniscono cure ai combattenti schierati con il governo di Serraj, riconosciuto dalle Nazioni Unite, impegnati su più fronti con diverse milizie, in particolare quella guidata dal generale Haftar, precedentemente sostenitore di Gheddafi e a sua volta sostenuto dall’Egitto.
Le forze italiane hanno predisposto un ospedale da campo che fornisce, tra i vari servizi, triage e visite ambulatoriali, ma anche pronto soccorso e la possibilità di ricoverare oltre quaranta pazienti. Si tratta di un’evoluzione logica, dato che l’Italia da tempo ha fornito aiuto sanitario e medicinali all’esercito regolare libico. Il personale sanitario, proveniente dal Policlinico Militare Celio di Roma, è protetto dagli uomini della Folgore, mentre all’aeroporto di Misurata un C-27J è disponibile per un’eventuale evacuazione strategica. Una nave di Mare Sicuro ha inoltre ricevuto l’incarico aggiuntivo di fornire supporto e protezione.
La presenza militare italiana non ha ricevuto un caldo benvenuto da tutti i fronti: la brigata Aboubaker Al-Siddiq, della Libyan National Army, ha accusato l’Italia di voler in realtà rivivere il passato coloniale e di violare la sovranità libica, e ha invitato i cittadini a mobilitarsi contro la nuova “invasione” italiana.
La situazione in Libia
La Libia intanto non sembra trovare pace. Il Paese è diviso e la situazione è incredibilmente caotica. A settembre, il generale Khalifa Haftar, che risponde al governo alternativo di Tobruk, ha lanciato un’operazione per conquistare i pozzi petroliferi del Golfo di Sirte, precedentemente in mano a forze leali a Serraj – una risorsa per il governo, considerando che l’oro nero è la principale fonte di ricchezza del Paese. Haftar, che negli ultimi anni ha combattuto Ansar Al-Sharia, un gruppo terroristico che opera nell’area di Bengasi, ha un forte supporto nella parte orientale del Paese, ma il sostegno sta crescendo anche altrove.
Il 14 ottobre, le milizie dell’ex-Primo Ministro islamista Khalifa al-Ghwell hanno occupato parte di Tripoli, in particolare la sede del Consiglio di Stato nell’Hotel Rixos, in quello che hanno definito un colpo di Stato – anche se di fatto non ci sono quasi stati scontri nell’immediato. La situazione è diventata infuocata poco dopo, al punto che l’ONU, per mezzo dell’inviato Martin Kobler, ha apertamente condannato la degenerazione degli eventi a Tripoli. Il governo di unità nazionale è stato costretto a riparare in Tunisia. La divisione è tale che addirittura nelle fazioni leali a Serraj si starebbe consumando una lotta intestina tra salafiti e Fratelli Musulmani. Mentre i golpisti assicurano di avere il controllo completo della capitale, la situazione sembra molto più complessa. Il governo di Serraj ha dichiarato illegale l’attacco di Ghwell, ordinandone l’arresto.
In Libia intanto mancano soldi e l’inflazione è alle stelle. La criminalità esplode, e ormai il Paese è il paradiso dei trafficanti di uomini. Una buona notizia è che la presenza dell’ISIS, concentrata a Sirte, sarebbe fortemente indebolita, anche se il costo per ottenere questo risultato è stato alto: oltre 600 morti e più di 2000 feriti gravi. Intanto continuano i bombardamenti americani, nonostante Obama abbia ammesso a gennaio che l’intervento americano in Libia – avvenuto cinque anni fa – sia stato il peggior errore della propria amministrazione.