La scia di sangue che sta attraversando la Turchia sembra non volerle dare tregua. Dall’ottobre del 2015 sono stati numerosi gli attentati terroristici sul territorio turco rivendicati dal Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) o dall’autoproclamato Stato islamico (ISIS). Fautore della fondazione di uno Stato indipendente nella regione del Kurdistan, il PKK è oggi considerato un’organizzazione terroristica non solo dalla Turchia ma anche dagli Stati Uniti, dalla NATO, dall’Iran e, ancora con qualche incertezza, dall’Unione Europea.
L'”autostrada del jihad”
Dopo il cessate il fuoco del 2013, il processo con cui erano state avviate le trattative di pace si è bloccato e la milizia curda è tornata ad imbracciare le armi. Secondo gli analisti più maliziosi, il Presidente della Turchia Erdogan avrebbe sfruttato lo scontro con il PKK per incrementare il consenso, probabilmente sottovalutando la risposta curda che ha messo a ferro e fuoco il Paese. La scelta di esacerbare il conflitto col gruppo etnico curdo è connessa anche con la volontà di voler contrastare il principale nemico della Turchia, lo Stato siriano, presieduto da Assad, sul cui territorio sono stanziate comunità curde.
Ankara è stata in passato accusata di aver fornito appoggio logistico e militare agli estremisti islamici per indebolire il comune nemico Assad. La facilità con cui era possibile attraversare il confine siriano dopo essere atterrati ad Istanbul era anche valsa alla Turchia l’appellativo di “autostrada del jihad”. Questo comportamento le si è rivoltato contro quando l’Occidente ha preteso che il confine con la Siria fosse davvero sorvegliato e gli estremisti già presenti reclusi. La ritorsione dello Stato islamico non si è però fatta attendere e gli attentatori si sono rivolti verso numerosi obiettivi civili turchi.
Attentati
L’autoproclamato Stato Islamico ha colpito la Turchia nell’ottobre nel 2015 ad Ankara, e poi ancora a marzo 2016 ad Istanbul, poi ad agosto a Gaziantep nelle vicinanze del confine siriano. Il PKK curdo ha rivendicato invece gli attentati del gennaio e febbraio 2016 rispettivamente ad Istanbul ed Ankara e quello di giugno, sempre ad Istanbul, nei pressi di una stazione di autobus. Lo scorso dicembre un’organizzazione per la liberazione del Kurdistan (Tak, derivata dal PKK) ha attaccato la capitale due volte nella stessa notte in risposta alla detenzione e alle rappresaglie contro i ribelli curdi.
Subito dopo ogni tragico accadimento, Erdogan ha recriminato contro i violenti metodi curdi, qualificandoli come una forma di “terrorismo che calpesta ogni forma di valore e di morale” che però non riuscirà nell’intento di “schiacciare la Turchia provocando la popolazione nella sua sensibilità etnica e religiosa”.
La stampa
Nonostante questi proclami, gli intellettuali del Paese non hanno dimenticato i traffici di armi con l’ISIS occultati dal Presidente, che di certo si stanno ritorcendo contro la popolazione turca. Molti giornalisti sono stati arrestati e poi condannati per avere raccontato come Erdogan abbia dapprima permesso agli estremisti di varcare il confine siriano per combattere i curdi e poi concesso le basi turche agli aerei della coalizione anti-ISIS. Anziché ergersi a Paese moderato, seppur musulmano, capace di garantire la convivenza tra le diverse fedi religiose, la Turchia ha preferito cavalcare l’onda del risentimento nei confronti della minoranza curda per ragioni di opportunità politica.
Gli stessi intellettuali non sono entusiasti neanche dell’atteggiamento dell’UE che, da un lato millanta “la solidarietà alla Turchia e alla sua gente” portando avanti una collaborazione contro il terrorismo, dall’altro guarda con indifferenza alla mancanza di democrazia e di tutela dei diritti umani. Nel frattempo gli attacchi non sono cessati, anzi: lo scorso dicembre l’ambasciatore russo in Turchia è stato freddato ad Ankara per vendicare le vittime di Aleppo. Ed il nuovo anno non è stato inaugurato in modo diverso: il 1 gennaio 2017 obiettivo dei terroristi è stata una discoteca di Istanbul, mentre il successivo 5 gennaio il bersaglio è stato il Tribunale di Smirne.
È difficile prevedere quali saranno i futuri risvolti: di fatto dopo il tentativo di golpe e la decisione di Erdogan di occuparsi autonomamente dei curdi siriani, la Turchia ha infiammato gli animi del PKK e sciolto ogni collaborazione con l’ISIS, diventando, evidentemente, uno dei suoi principali obiettivi.