È stato pubblicata pochi giorni fa sull’autorevole rivista scientifica The Lancet Oncology una sintesi dei risultati della ricerca commissionata dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) su cinque principi attivi utilizzati in erbicidi ed insetticidi (diazinon, glyphosate, malathion, parathion e tetrachlorvinphos) e la loro capacità di causare nell’uomo l’insorgenza di cancro.
La ricerca fa parte dello IARC Monographs Programme, cioè una serie di studi che la IARC intraprende ciclicamente per valutare la cancerogenicità di differenti agenti a cui l’uomo è esposto. Tra i risultati più rilevanti, indubbiamente, vi è l’iscrizione dell’agente glifosato tra i probabili cancerogeni (Gruppo 2A). Secondo i dati riportati dalla IARC se sono ancora scarse le prove che il glifosato possa provocare tumori analizzando gli studi effettuati sull’uomo (tra i dati solo un aumento di casi tra gli agricoltori statunitensi, canadesi e svedesi di linfomi non Hodgkin), lo stesso non si può dire guardando ai risultati di laboratorio, dove emergerebbe come il glifosato sia la causa dell’insorgere di differenti tumori.
Perché tutto ciò è rilevante? Perché il glifosato è una sostanza attiva presente nella maggior parte degli erbicidi, in commercio in tutto il mondo all’interno di circa 750 prodotti impiegati in agricoltura, giardinaggio e trattamento degli spazi urbani e domestici. Dietro questo diffusissima sostanza c’è un nome altrettanto importante, la Monsanto. È con il Roundup, uno dei prodotti d’avanguardia di questo colosso multinazionale, che il glifosato è entrato sui mercati fin dall’inizio degli anni Settanta. Al suo scopritore, John Franz, il glifosato è valso l’iscrizione nella National Inventors Hall of Fame e alla Monsanto un giro d’affari incredibile, anche grazie alla creazione di OGM resistenti a questo erbicida.
La risposta della Monsanto alla ricerca non si è fatta attendere, ovviamente. La multinazionale ritiene che la ricerca IARC sia assolutamente infondata. Si legge nel comunicato stampa che la IARC avrebbe ricevuto e consapevolmente non considerato ricerche che dimostrano la non pericolosità del glifosato e che quindi la ricerca non sia fondata su dati scientifici adeguati ma sia anzi faziosa.
Per quanto riguarda l’UE, come già visto, ogni sostanza attiva presente nei fitofarmaci commercializzati deve essere approvata dopo una valutazione che coinvolge EFSA e Stati Membri. In questa fase vengono valutati i rischi tanto sull’uomo quanto sull’ambiente della determinata sostanza. L’approvazione di ogni sostanza, inoltre, non è garantita a vita ma viene rivalutata dopo un massimo di dieci anni, secondo la Direttiva 91/414/CEE. La data dell’ultima registrazione del glifosato risale al 1° luglio 2002 ma in via eccezionale l’UE con la NEL 2011 ha deciso di prorogarne l’iscrizione all’albo delle sostanze attive fino a fine 2015 in modo da dotare i richiedenti e la Commissione di maggior tempo per mettere a disposizione norme dettagliate ed informazioni supplementari necessarie per il rinnovo.
La pubblicazione della IARC cade proprio al momento giusto: la Germania, in qualità di Stato membro relatore sulla sostanza, sta infatti ultimando il suo rapporto sul glifosato. Tanto l’EFSA quanto la Commissione Europea ritengono quindi di non poter commentare la notizia finché i lavori di revisione non saranno completati. L’autorità tedesca BfR, tuttavia, in un comunicato stampa ha già confermato che le sue ricerche non hanno portato alla conclusione che il glifosato sia cancerogeno.
Non è la prima volta che il glifosato viene additato come potenziale cancerogeno ma queste ricerche sono sempre state definite faziose o infondate additando la mancanza di rilevanti dati scientifici. Tuttavia stavolta è un’istituzione autorevole come la IARC appartenente all’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) ad esprimersi in tal senso: anche se le sue valutazioni non hanno carattere vincolante, le autorità nazionali non potranno certo ignorarle.
Si sta verificando la stessa vicenda (tragica) accaduta a causa del DDT: possibile che la storia non insegni mai nulla?