Si è aperta ieri la ventunesima Conferenza delle parti, COP21, all’interno della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite. Le aspettative sono alte, visto che si prospetta come l’occasione definitiva per raggiungere un accordo sull’ambiente a livello mondiale. I negoziati, della durata di due settimane, si terranno in una Parigi blindata e ancora scossa dagli ultimi tragici eventi, dove gli scontri delle ultime ore non hanno di certo aiutato a placare la tensione.
L’Europa appare per la prima volta unita, forte del consenso sulla riduzione delle emissioni già raggiunto internamente tra i Paesi membri nell’accordo quadro UE 2030 per il clima e l’energia. Da questo punto di vista, si presenta come l’unica forza capace di contendere agli Stati Uniti di Barack Obama il ruolo di leadership, soprattutto considerata la svolta ambientalista, più dichiarata che dimostrata, del Presidente americano.
La COP21 di Parigi
Si può affermare con una certa sicurezza che un accordo ci sarà. I leader sembrano sinceramente convinti che il momento di agire sia finalmente arrivato. In molti Paesi, obblighi simili a quelli che si propone la Conferenza sono già stati raggiunti e i fondi già resi disponibili. L’obiettivo dichiarato è di mantenere l’innalzamento della temperatura globale al di sotto della soglia dei due gradi, soglia vista come un limite per il benessere dell’umanità negli anni a venire.
Modelli matematici attestano che, al di sopra di tale valore, le conseguenze per il clima potrebbero essere disastrose. Nonostante questa convinzione ormai accertata, le ipotesi attuali mostrano un possibile incremento superiore ai due gradi e a Parigi si dovrà andare oltre le previsioni iniziali, se si vuole raggiungere un accordo che possa essere realmente efficace.
Il fallimento del Protocollo di Kyoto
Guardando al passato, uno dei principali motivi del fallimento di Kyoto fu la difficoltà di conciliare gli interessi di Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, facendo sembrare il tutto equo. Il problema si sta riproponendo oggi, anche se con minor enfasi. La Cina ha confermato il suo impegno per ridurre il suo impatto sul clima, ma la sua reale partecipazione sembra alquanto vaga ed è comunque restia a prendere impegni di lungo termine. Posizione condivisa da altri Paesi, tra cui un’altra grande economia come l’India.
Il secondo insegnamento tratto da Kyoto è che il rispetto e l’attuabilità di un nuovo accordo dipendono anche dalla volontà politica dei governi nazionali. Oggi a destare preoccupazione sono soprattutto gli Stati Uniti. Il Presidente uscente, Barack Obama, è sicuramente favorevole alle politiche ambientali. Peccato che non si possa dire lo stesso del Partito Repubblicano, che al momento controlla il Congresso. Molto dipenderà dal prossimo Presidente degli Stati Uniti: in particolare le dichiarazioni di Donald Trump, attuale leader nei sondaggi per la nomination presidenziale repubblicana, che ha definito il cambiamento climatico “un’invenzione dei cinesi”, non fanno ben sperare.
Un summit molto atteso
Uno degli elementi più positivi e sorprendenti è la grande attenzione dell’opinione pubblica e la grande copertura dell’evento offerto dai media. Nei giorni precedenti l’apertura della Conferenza, grandi manifestazioni di supporto si sono tenute nelle capitali mondiali, da Londra a Tokyo, da Roma a New York. A gran voce i cittadini chiedono di salvare beni preziosi come la natura e l’ambiente, ancora oggi sacrificati in nome di una crescita economica che sta mostrando tutti i suoi limiti.
Da questo punto di vista la Conferenza di Parigi ha una grossa responsabilità, quella di scegliere definitivamente il modello economico dei prossimi decenni. In particolare, questo dovrà essere sostenibile nel lungo periodo ed equo, permettendo anche ai Paesi in via di sviluppo di avere la loro parte di ricchezza.
Il vero pericolo è quello di un accordo al ribasso, dell’ennesimo tentativo di accontentare tutti per non accontentare nessuno. L’arte del compromesso, del linguaggio ambiguo e delle eccezioni di sorta non sono concepibili per un tema delicato come l’ambiente. Un vero accordo sarà solo quello che assicurerà il raggiungimento di quegli obiettivi ritenuti essenziali per la sopravvivenza del nostro pianeta come lo conosciamo oggi. Si deve fare in fretta, potrebbe essere l’ultima chance.