“Una giornata storica”, è con queste parole che l’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha commentato l’avvio in Egitto della produzione del mega giacimento di gas di Zohr, a circa 190 km da Porto Said.
Zohr rappresenta la più grande scoperta di gas nel Mediterraneo e consentirà all’Egitto di soddisfare la domanda interna di gas per decenni. Si stima che il giacimento, esteso per circa 100 km quadrati, abbia un potenziale di produzione di 850 miliardi di metri cubi di gas, pari a 5,5 barili di olio equivalente.
L’avvio record della produzione
La produzione è stata avviata in tempi record a due anni e mezzo dalla scoperta permettendo a Zohr di rientrare fra i sette progetti record di Eni, società controllata per il 30% dallo Stato italiano. L’annuncio è stato possibile grazie al successo della strategia Dual Exploration Model. Questo metodo ha alla base un meccanismo molto semplice: dopo la scoperta del giacimento si utilizza una parte delle risorse per accrescere le riserve mentre un’altra parte viene monetizzata cedendo quote ad altri soggetti interessati.
In questo caso, Eni ha conservato il 60% della concessione Shorouk cedendo il 30% ai russi di Rosneft e il 10% alla BP. Entrambe le società potranno entro fine anno possedere un ulteriore 5% generando nuove entrate per Eni. Questa strategia ha permesso di abbattere i tempi portando avanti sia la fase esplorativa sia quella di sviluppo. Le attività di esplorazione hanno già fruttato a Eni ben nove miliardi di dollari, una cifra considerevole se si tiene conto che l’investimento totale di Eni nel progetto egiziano è stimato in dodici miliardi.
Egitto come trampolino di lancio
Il successo in Egitto ha consolidato la posizione di Eni al settimo posto fra le dieci compagnie petrolifere più produttive al mondo. Nelle intenzioni di Eni, l’Egitto potrebbe presto diventare un hub energetico per tutta l’area del Mediterraneo orientale e quindi diventare ponte fra l’Europa sviluppata ma carente di energia e il continente africano che invece possiede risorse energetiche senza però averne accesso.
Il ministro del petrolio egiziano e delle risorse Tarek El Molla ha salutato con entusiasmo l’avvio di Zohr ricordando come il giacimento renderà Il Cairo energeticamente indipendente favorendo lo sviluppo economico del paese. È stato lo stesso ministro ad annunciare che da metà 2018 l’Egitto non importerà più gas, frenando invece sulla possibilità che nell’immediato futuro l’Egitto possa diventare Paese esportatore. A quest’ultima ipotesi guardava con interesse l’Unione Europa che da tempo cerca di diversificare il proprio approvvigionamento energetico ancora troppo dipendente dalla Russia.
La scelta egiziana è più che comprensibile, con una popolazione di oltre novantacinque milioni e con un tasso di natalità molto alto, Il Cairo avrà estremo bisogno di maggiori quantità di risorse energetiche per soddisfare i propri fabbisogni interni legati anche alla volontà di potenziare il proprio sistema industriale.
Le carte di Eni nel Risiko mediorientale del gas
Le attività in Egitto offre nuovi sviluppi al risiko geopolitico giocato lungo le vie del gas di cui è teatro negli ultimi decenni l’area mediterranea. La scoperta del giacimento di Zohr ha danneggiato le ambizioni di Israele e Cipro che, con i rispettivi giacimenti Leviathan/Tamar e Aphrodite, puntavano al mercato egiziano e che ora sono costretti a rivedere i propri obiettivi. È in questo contesto che rientra nuovamente in gioco l’Europa che potrebbe guardare con maggiore interesse a queste risorse.
La costruzione del gasdotto EastMed che dovrebbe trasportare in Europa entro il 2025 il gas cipriota e israeliano attraverso le coste greche e italiane è ancora ferma alle fasi di studio preliminari. Il costo, stimato fra i sei e i sette miliardi di dollari, ha sollevato più di un dubbio fra gli esperti. L’Unione Europea ha già cofinanziato il progetto riconoscendolo come d’interesse comune, ma la Commissione Europea, sebbene molto interessata ad allentare la dipendenza da Mosca, non ha ancora dato il definitivo via libera nonostante le forti pressioni di Italia, Grecia e Cipro.