Il dodici maggio milioni di europei si sono ritrovati a guardare il gran finale dell’Eurovision Song Contest. Giunto alla sessantatreesima edizione, l’Eurovision, o semplicemente ESC, rappresenta il più importante concorso canoro in Europa e uno degli eventi non sportivi più seguiti al mondo. Secondo l’EBU, l’ente organizzatore che riunisce gli operatori televisivi pubblici e privati europei, l’edizione del 2017 in diretta da Kiev, in Ucraina, aveva toccato quota 182 milioni di contatti durante le tre serate, le due semifinali e la finale.
L’edizione 2018
La vittoria finale è andata alla cantante israeliana Netta Barzilai, con la canzone Toy, pertanto l’organizzazione dell’edizione 2019 toccherà a Tel Aviv. Quest’anno infatti, l’organizzazione era stata affidata al Portogallo, vincitore dell’edizione precedente con Salvador Sobral e la sua canzone in portoghese Amar pelos dois. Secondo il regolamento, infatti, la nazione vincitrice ha diritto a ospitare l’evento che negli anni è cresciuto sino ad abbracciare una serie di eventi collaterali capaci di attirare migliaia di turisti nella città ospitante. Secondo il sindaco di Lisbona, ci sono stati circa venticinque milioni d’introiti per gli operatori economici della città.
All’Eurovision hanno diritto a partecipare tutte le nazioni europee, le cui reti pubbliche o private siano aderenti all’EBU, ma con il passare degli anni la competizione è stata aperta ai paesi dell’area caucasica e dal 2015 anche all’Australia, dove le numerose comunità europee d’immigrati hanno assicurato al concorso un largo seguito.
Le canzoni
Ogni nazione sceglie liberamente il proprio rappresentante e in quale o in quali lingue cantare. Un esempio è l’Estonia che quest’anno ha deciso di presentarsi con una canzone lirica interamente in italiano. La classifica finale, così come le due semifinali eliminatorie, sono regolate da un complesso sistema di votazioni frutto di una sintesi fra le scelte di giurie nazionali e il voto del pubblico europeo. La volontà di creare un concorso transnazionale capace di andare oltre i confini nazionali è testimoniata anche dall’impossibilità di votare per la propria nazione.
Le esibizioni dei concorrenti dell’Eurovision sono famose per la loro forte spettacolarizzazione e l’utilizzo di numerosi effetti speciali che raramente si vedono nei comuni programmi televisivi. L’Eurovision è spesso indicato come uno dei pochi momenti in cui l’Europa sembra ritrovarsi spontaneamente unita intorno a un’idea di condivisione delle proprie culture ed esperienze, ovviamente con tutti i limiti del caso. La manifestazione rappresenta per molte nazioni di piccole dimensioni un modo per avere grande visibilità. Il Kosovo, ad esempio, è desideroso di prendervi parte, ma la sua situazione giuridica internazionale ne preclude ancora la partecipazione.
I significati
Sebbene il concorso non abbia alcun fine politico, spesso quello che accade durante il concorso è interpretato alla luce della situazione del dibattito pubblico europeo. Nel lontano 1992, l’italiano Toto Cutugno vinse l’Eurovision con Insieme:1992. Il testo era un chiaro incitamento a proseguire con il processo d’integrazione europea all’indomani del crollo del muro di Berlino.
Nel 2014, la partecipazione e la successiva vittoria della drag queen austriaca Conchita Wurst divenne oggetto di discussione politica in molti paesi, fra cui Russia e Bielorussia, dove si arrivò a chiedere la censura dell’esibizione in chiara polemica contro il movimento LGBT. L’edizione svedese del 2016 fu invece vinta dall’ucraina Jamala che portò in scena il dramma delle deportazioni tartare da parte dei sovietici. Non bastò molto per capire che la scelta ucraina rappresentava un chiaro rimando a ciò che stava succedendo in Crimea. Nel 2017, la Russia decise di ritirarsi dal concorso che si sarebbe tenuto proprio a Kiev poiché il governo ucraino negò il visto alla cantante russa, accusata di esserci recata in Crimea per un concerto di propaganda. La Russia ha invece preso regolarmente parte all’edizione 2018.
Molti analisti e appassionati si divertono spesso a predire o decifrare le scelte in fase di voto. Spesso durante la fase in cui ogni singolo paese attribuisce in diretta i propri voti, emergono alleanze e affinità che ricalcano quelle geopolitiche. È noto ad esempio il blocco di voto scandinavo o quello dei paesi filorussi, così come Grecia e Cipro o Gran Bretagna e Irlanda sono soliti scambiarsi fra loro i voti massimi. Non è passato inosservato neppure il fatto che Azerbaigian e Armenia, in conflitto per il controllo sul Nagorno Karabakh, difficilmente si scambino voti. L’Eurovision si presenta un evento mediatico europeo sui generis, capace di attirare grande attenzione proprio per questa sua atipicità. Europe! Start voting now!