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Ecco Triton, la nuova operazione Frontex nel Mediterraneo

Il 3 ottobre 2013 l’Italia assisteva, attraverso gli occhi di Lampedusa, ad una vera e propria tragedia del mare, dove persero la vita 366 persone. Quella data ha aperto un capitolo che ha le sue radici nell’instabilità politica e nei conflitti civili dei Paesi del Mediterraneo. Un racconto che è stato un susseguirsi di viaggi disperati, in cui l’operazione tutta italiana «Mare Nostrum» è riuscita a trarre in salvo oltre 90 mila persone, secondo quanto dichiarato dal Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, al question time della Camera il 24 settembre.

Il 27 agosto 2014 è stata data la notizia del lancio di una nuova operazione, inizialmente indicata genericamente come “Frontex Plus”, con cui l’Unione Europea si era posta l’obiettivo di scendere in campo a partire da novembre in aiuto di Mare Nostrum. Il tutto sotto la coordinazione di Frontex, agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne.

Un anno dopo la tragedia di Lampedusa, l’accordo tra Italia e Frontex ha portato al varo della nuova operazione Frontex nel Mediterraneo: Triton. L’operazione partirà «al più presto» il 1° novembre 2014, con un budget mensile stimato pari a 2,9 milioni di euro per tutto il 2014, che verosimilmente aumenterà nel 2015 (previo consenso del Parlamento Europeo e del Consiglio, autorità di bilancio dell’Unione). In linea con il ruolo dell’agenzia Frontex, l’operazione Triton si occuperà di pattugliare le frontiere europee sul Mediterraneo, fornendo anche assistenza alle imbarcazioni in difficoltà.

Com’era stato annunciato ad agosto, il rafforzamento di mezzi e risorse per Triton dipenderà dalla disponibilità e dalla partecipazione degli Stati membri. Ad oggi, hanno confermato il sostegno all’operazione Francia, Germania e Spagna. Non tutti gli Stati membri riconoscono apertamente come “frontiera europea” – e quindi anche come propria frontiera – le acque che circondano Lampedusa. E questa difficoltà si ripercuote negativamente sul concetto di “gestione integrata delle frontiere esterne”, su cui si basa Frontex.

Ma di fronte a questi immensi fiumi di persone che fuggono dalle guerre, «l’UE e i suoi Stati membri devono rispondere e agire per salvare delle vite umane», come ha ricordato il Commissario Cecilia Malmström. Frontex ha invitato gli Stati membri a contribuire all’avvio dell’operazione fornendo due velivoli fissi di sorveglianza, tre vascelli di pattugliamento, sette squadre di funzionari preposte a identificazione/screening, intelligence ed elaborazione dati. La Commissione e Frontex si sono detti ottimisti sulla rapida risposta degli Stati membri e sulla capacità di ottenere i mezzi richiesti dal piano operativo Italia-Frontex.

Riguardo all’operatività, Triton dovrebbe estendersi oltre le acque territoriali italiane, ma in maniera decisamente ridotta rispetto all’operazione Mare Nostrum, che attualmente si spinge in acque internazionali, arrivando quasi a ridosso delle coste libiche. Inizialmente, il limite di Frontex Plus di operare nelle sole acque territoriali aveva acceso un intenso dibattito sull’eventuale possibilità di sostituire in futuro Mare Nostrum con la nuova operazione a bandiera europea. Secondo la Commissione, tuttavia, Mare Nostrum e Triton sono complementari e la seconda non è stata ideata per sostituire la prima. Resta infatti al governo italiano – ripetono da Bruxelles – la decisione finale sul futuro dell’operazione Mare Nostrum.

Nonostante i limiti e le incertezze, Triton è un segnale importante, e solo i prossimi mesi potranno rivelarne l’eventuale concretezza. Considerando le lentezze e le carenze della politica europea in materia di immigrazione e asilo, questa iniziativa dovrebbe accendere un barlume di speranza. Il successo dell’operazione, tuttavia, non dipenderà solo dalle risorse messe a disposizione degli Stati membri. È importante che anche la legislazione comunitaria in materia diventi la cornice di supporto all’operazione.

Da questo punto di vista, il rispetto degli Accordi di Dublino, mirati a individuare rapidamente lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo, potrebbe rappresentare il primo importante contributo per un’azione efficace. Ma la mancanza di una vera visione comune europea rende fondamentalmente inapplicati tali accordi. In queste ore si riunisce il Consiglio Giustizia e Affari Interni dell’Unione Europea, competente – tra le altre cose – in materia di asilo e immigrazione. In attesa di nuove risposte, nell’intervento dell’Unione Europea si ripone la speranza di garantire sul lungo periodo una gestione sistemica – e non più solo reattiva – dei flussi migratori.

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L' Autore - Alice Condello

Laureata magistrale in Scienze Internazionali (indirizzo in Studi Europei) con una tesi di ricerca, svolta in parte a Nairobi, sul ruolo internazionale dell'UE in Africa. Il lavoro sul campo ha stimolato in me l'interesse verso il tema delle relazioni tra UE e paesi africani, che ho la fortuna di coltivare e approfondire grazie alla collaborazione con Europae. "Eurottimista consapevole", come mi piace definirmi, sogno un giorno di poter lavorare viaggiando tra Europa e Africa.

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