di Erica Gatti
Nella seduta plenaria del 7 febbraio il Parlamento Europeo si è riunito a Strasburgo per votare la nuova struttura che assumerà dopo marzo 2019, quando il Regno Unito uscirà definitivamente dall’UE, e in vista delle elezioni europee previste per il maggio 2019.
Ad ora, il Parlamento è costituito da 751 deputati, divisi tra gli Stati membri a seconda della popolazione. Non si tratta in realtà di un vero e proprio sistema proporzionale però, in quanto un’applicazione del genere porterebbe a una rappresentanza quasi nulla di paesi come Malta, che conta poco più di 400’000 abitanti, rispetto ai più popolati.
Di conseguenza, il sistema di ripartizione dei seggi è un proporzionale regressivo, che prevede di fatto una sovra-rappresentazione dei piccoli Stati – che non possono avere meno di 6 deputati in Parlamento – e una sotto-rappresentazione di quelli invece più grandi, con un tetto di 96 seggi al massimo, detenuti dalla Germania.
Al Regno Unito sono attualmente riservati 73 seggi e negli ultimi mesi erano state diverse le proposte di risoluzione per il dopo Brexit.
Le proposte: seggi ridotti al Parlamento, no a liste transnazionali
Il sistema più semplice avrebbe visto la completa abolizione dei 73 seggi – ipotesi ben vista dagli elettori, che auspicavano a un taglio del costo istituzionale – ma questa disposizione avrebbe portato a un’ulteriore disuguaglianza di rappresentazione dei vari Paesi membri.
L’alternativa che quindi è stata approvata oggi prevede la riduzione dei seggi parlamentari da 751 a 705 e una ripartizione dei 27 seggi inglesi rimasti tra i 14 Stati che sono sotto-rappresentati: ad esempio, Francia e Spagna avranno 5 seggi in più, passando rispettivamente da 74 a 79 e da 54 a 59, l’Italia invece passerà da 73 a 76 deputati, con l’aggiunta quindi di 3 seggi.
La proposta di utilizzare gli altri 46 seggi esclusi per creare delle liste transnazionali è stata invece rifiutata, preferendo la messa a riserva degli stessi per eventuali nuovi Paesi membri. L’idea delle liste transnazionali è stata etichettata dal Partito Popolare Europeo (PPE), gruppo di centro-destra che detiene la maggioranza e che si è fortemente opposto, come «centralista ed elitista». La resistenza è stata dettata dalla «discriminazione che si creerebbe tra la figura di un Membro del Parlamento Europeo eletto sul piano nazionale in rappresentanza del Paese, e uno eletto in liste transnazionali bloccate dai partiti».
La delusione del Governo italiano
Una delusione invece per il Governo italiano, che aveva fortemente chiesto questa riforma, per portare i cittadini a votare non solo per i propri deputati ma anche per quelli di altre nazioni, arrivando in questo modo a percepire più da vicino l’Europa e a sentirsi effettivamente parte di una democrazia europea. «È stata sprecata una grande opportunità» ha dichiarato a questo proposito l’Onorevole Morgano, eurodeputato PD del gruppo Socialisti e Democratici (S&D). «La destra parlamentare ha votato contro gli ideali europei che dice di sostenere». Anche Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del PE per il Movimento 5 Stelle, che si era recentemente ricreduto sulla questione, ha affermato deluso: «Volevamo farne uno strumento per allargare il dibattito democratico nei nostri Paesi».
Ovviamente tutto questo si verificherà solo in caso il Regno Unito deciderà effettivamente di uscire dall’Unione: se infatti il Governo inglese dovesse tirarsi indietro e decidere di rimanere, l’intera legge verrà annullata.
L’elezione dello Spitzenkandidat
All’interno della stessa seduta plenaria si è ribadito invece che il Parlamento voterà come Presidente della Commissione l’anno prossimo solo uno Spitzenkandidat, un “candidato di punta”, che dovrà essere sostenuto da una maggioranza parlamentare e dai voti delle circoscrizioni nazionali. Di conseguenza sarà impossibile accettare un Presidente della Commissione Europea che non sia stato proposto come candidato prima delle elezioni.
Questa ipotesi legislativa ora dovrà passare al Consiglio Europeo, dove i rappresentanti dei governi degli Stati membri e i rappresentanti dell’Unione dovranno approvarla all’unanimità; successivamente la legge tornerà in Parlamento per la sua conferma definitiva.