Un giorno un re radunò i suoi figli. Estrasse una freccia dalla faretra e, di fronte a loro, la spezzò con facilità. Poi prese un fascio di frecce e, radunandole insieme, cercò di spezzarle, ma invano. E’ una storia comune, in tradizioni e popoli diversi. Serve a spiegare l’importanza del rimanere uniti e come elementi singolarmente deboli possano diventare più resistenti, anche indistruttibili, unendo le proprie forze.
Proprio il contrario di ciò che sta avvenendo nella penisola iberica, teatro in questi mesi della lotta di potere tra il governo regionale della Catalogna e il governo nazionale spagnolo.
Rivendicazioni e regionalismo
L’economia catalana ha un ruolo rilevante per la tenuta del sistema spagnolo. Nel solo 2016, la Catalogna ha registrato un prodotto interno lordo pari a 212 miliardi di euro e una crescita del 3.4%. A questo peso economico tuttavia, secondo la logica secessionista, non corrisponderebbero un proporzionale peso politico e degli adeguati benefici economico-sociali, ma solo una maggiore pressione fiscale. Queste rivendicazioni, provenienti da una regione che conta per un quinto dell’intero PIL spagnolo e per un quarto degli export nazionali, non possono non preoccupare il governo di Madrid.
Un eventuale divorzio, o anche solo una maggiore autonomia, sarebbe perfettamente inquadrato nel contesto dell’Unione Europea, sia a livello politico che a livello economico. In un’ottica di maggior respiro e secondo il principio di sussidiarietà, il regionalismo trova infatti spazio nel contesto comunitario. Gli Stati nazionali perdono terreno rispetto alle regioni, unità territoriali più contenute, dove lo spazio economico e politico si svolge in maniera più efficiente, anche e soprattutto nella gestione delle risorse fiscali.
Per grandezza e per rilevanza economica poi, la Catalogna non si discosterebbe da altri piccoli Stati, come la Danimarca o l’Austria. Al contrario, dall’indipendenza o dalla maggiore autonomia potrebbe derivarle un ruolo più dinamico in seno alle istituzioni europee e nazionali.
I possibili costi
Da un altro punto di vista, la Catalogna dovrebbe fare i conti non solo con i costi politici dell’autonomia, ma anche con quelli economici derivanti dal divorzio da un sistema economico cui, nel bene o nel male, è stata legata da più di 500 anni. Non si parla infatti solo di economie di scala mancate, o della scelta fra redistribuzione o efficienza nell’allocazione delle risorse pubbliche: bisognerebbe tenere in considerazione i costi della rottura tra due realtà politiche e la viscosità di due realtà che prima formavano un’antica entità.
Lo spettro di esiti possibili dipenderà poi dalla volontà dei due contendenti di trovare una soluzione comune. Si potrebbero aprire scenari diversi, a partire dall’adozione di soluzioni concordate in una cornice federale, nazionale o europea. Oppure si potrebbero creare tensioni più o meno aperte, e non sarebbe da escludere l’ipotesi di un conflitto civile. In tal caso, i costi in termini di perdita di infrastrutture e di caduta della domanda sarebbero enormi e superiori a qualsiasi beneficio.
Catalogna, il futuro
In ogni caso, la Catalogna potrebbe non riuscire a ricavarsi l’atteso potere politico ed economico nell’area Euro. Prima di tutto, infatti, perderebbe il ruolo di regione principe della quarta economia dell’Eurozona e del quarto Paese più popolato dell’UE. Inoltre, non sarebbero da sottovalutare le perdite in termini di sinergia con il resto della nazione, oltre che del ruolo di regione strategica e centrale in uno spazio nazionale unico. Gli stessi effetti reali della logica regionalista, che vede le regioni come unità più efficienti a livello economico, sarebbero da verificare.
L’entità dei costi e la prudenza potrebbero spingere la Spagna e la Catalogna ad adottare un’ipotesi soft. Ad esempio, il governo spagnolo potrebbe garantire alla Catalogna una maggiore autonomia fiscale che preservi l’unità nazionale e rappresenti un caso scuola per casi analoghi all’interno dell’Eurozona. Questa soluzione risulterebbe adottabile solo in caso si riescano ad evitare l’insorgere di corto-circuiti tra governo nazionale e regionale ed una generale degenerazione dei rapporti.
Nel film Ran, del regista Akira Kurosawa, i figli di un re si danno battaglia per la successione al trono e finiscono per auto-annientarsi e distruggere l’eredità di un padre. La speranza, in questo caso, è che la lotta tra i figli (Spagna e Catalogna) non finisca per danneggiare l’eredità di un processo lungo settant’anni (l’Unione Europea).