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Consiglio Europeo: mercato digitale unico entro il 2015

Perché un turista svedese, in visita a a Copenaghen, deve pagare 45 volte di più per una mail spedita alla vicina Malmö rispetto ad una inviata a Kiruna, a 1400 km di distanza nel Nord della Svezia ?

Se lo è chiesto Manuel Barroso, Presidente della Commissione Europea, presentando giovedì al Consiglio Europeo il rapporto “Innovating in the digital era: putting Europe back on track”. Squassato dalla bufera Datagate e riorientato alla discussione delle migrazioni nel Mediterraneo, il vertice dei capi di Stato e di governo portava infatti all’ordine del giorno il rilancio dell’agenda digitale. «Ad essere franchi – ha affermato Barroso – l’Europa ha perso terreno rispetto ai competitor globali perché non ha saputo sfruttare le risorse dell’economia digitale». I numeri sono con lui: la spesa in tecnologie informatiche e di comunicazione (ICT) nell’UE crescerà all’incirca del 10% tra 2010 e 2016, contro il 15% del Nord America e il 35% dell’Asia Pacifico, mentre l’UE conterà solo per il 15% delle nuove connessioni 4G.

Alla base di questo gap la frammentazione legislativa tra Paesi membri: la mail che viaggia verso città diverse della Svezia ha costi eterogenei per via dell’assenza di quel mercato digitale unico che ora il Consiglio Europeo vuole completare entro il 2015. Da dove partire ? Innanzitutto dalle iniziative già sul tavolo, su tutte il completamento del cosiddetto e-government, la digitalizzazione della PA e delle gare d’appalto (e-procurement) entro il 2016, affiancandovi l’adozione della direttiva che regola l’utilizzo della fatturazione elettronica negli appalti pubblici (e-invoicing). I risparmi annui stimati dalla Commissione sono nell’ordine dei 100 miliardi. A questo si associ un alleggerimento burocratico grazie agli Open Data, per raccogliere una sola volta i dati presso i cittadini rendendoli disponibili su piattaforme aperte alla comunicazione interistituzionale.
Il Consiglio ha dato poi nuovo impulso alla grande coalizione per l’occupazione nel settore digitale tra imprese, amministrazioni pubbliche, scuole ed università. L’obiettivo è colmare un possibile vuoto da quasi 900 mila posti di lavoro ad alta specializzazione nel settore ICT entro il 2015 . Il Consiglio fa proprie le priorità individuate a marzo dalla Commissione, suggerendo l’individuazione di nuovi metodi didattici per inserire l’informatica in tutti i livelli di formazione scolastica e professionale e la promozione della mobilità delle competenze, se possibile certificate. Le risorse economiche saranno in gran parte ricavabili dai fondi strutturali dalle poste di bilancio dedicate all’occupazione giovanile.
Nel quadro di una nuova strategia di investimenti nell’ICT, i leaders europei hanno sollecitato l’urgente adozione del pacchetto dedicato alle telecomunicazioni, presentato a settembre dal Commissario per l’agenda digitale Neelie Kroes, che dovrà potenziare connessioni 4G/LTE e banda larga. Dimenticano però gli stessi leaders di aver destinato, nel bilancio 2014 – 2020, un solo miliardo alle infrastrutture per le telecomunicazioni nell’ambito del Connecting Europe Facility, in un settore che potrebbe richiederne 200 nei prossimi 5 – 10 anni per stare al passo dei concorrenti asiatici.
L’Europa che ragiona in termini di Big Data punta comunque sulle nuove frontiere, a partire dalla “nuvola informatica” (cloud computing), l’archiviazione ed elaborazione di dati sulla rete. Investire sul cloud, sulla portabilità dei dati e sull’interazione tra piattaforme (in particolari quelle mobili) può contribuire, secondo uno studio AT&T – Ineas, al raddoppio della competitività. Sulla base di un report IDC, la Commissione ricorda come il cloud possa abbattere dal 10% al 20% dei costi per le aziende e per favorirne la diffusione dal 2012 è all’opera una strategia UE, che il Consiglio vuole rilanciare, per generare 160 miliardi di crescita del PIL e 2,5 milioni di posti di lavoro entro il 2020.
Sul futuro dei trilioni di byte in circolazione pesa tuttavia il nodo sicurezza: può ancora l’Europa, sulla scorta di Datagate, difendere credibilmente il diritto all’accesso, trasferimento e cancellazione dei dati personali? Su questo punto, i 28 hanno taciuto e il solo Barroso, in conferenza stampa dopo il primo giorno di lavori, ha voluto lanciare un appello affinché la riforma della normativa sulla protezione dei dati, avviata nel 2012, abbia seguito per non minare la fiducia dei cittadini europei nell’affidabilità del mercato digitale.
In foto, un computer inquadra la sala riunioni del Consiglio Europeo (© Consiglio dell’Unione Europea – 2013)
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L' Autore - Antonio Scarazzini

Direttore - Analista nella società di Public Affairs Cattaneo Zanetto & Co., ho frequentato un Master in European Political and Administrative Studies al Collège d'Europe di Bruges dopo la laurea a Torino in Studi Europei Dopo uno stage presso Camera di Commercio di Torino e una collaborazione di ricerca con la Fondazione Rosselli, ho collaborato dal 2014 con la Compagnia di San Paolo per lo sviluppo del programma International Affairs. Dirigo con orgoglio la redazione di Europae sin dalla sua nascita.

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