Nel mezzo del Mediterraneo c’è un’isola nota al mondo essenzialmente per essere il luogo di nascita di Napoleone Bonaparte e, con riferimento ai giorni nostri, per le coste incantevoli e la natura ancora selvaggia: è la Corsica, terra di alte montagne, fitte foreste e indomita passione politica.
Annessa alla Francia nel 1764, dopo quasi cinque secoli di dominazione genovese, la Corsica è sempre stata una terra di intensi traffici e di fervido scambio culturale. Testimonianza ne è la lingua locale che – come ogni turista può notare – è un peculiare impasto di dialetto genovese e francese, con alcune parole mutuate dalla lingua della vicina Sardegna.
Il trionfo
Una terra di incontro che, però, ultimamente sembra aver riscoperto la sua vocazione autonomista: le recenti elezioni regionali del 10 dicembre scorso, difatti, hanno visto un vero trionfo (56,9% dei voti) della coalizione “Pè a Corsica!” guidata da Gilles Simeoni e Guy Talamoni, i due storici alfieri dell’indipendenza còrsa. Il primo è sindaco di Bastia, il secondo è un noto ex combattente del FLNC (il Fronte di Liberazione Corso, fondato nel 1976, che si diede alla lotta armata al fine di dichiarare uno stato indipendente).
Una vittoria roboante che permetterà ai nazionalisti di controllare agevolmente l’assemblea unica dell’isola, visto che le altre liste presenti (tra cui figuravano anche i macronisti di En Marche) hanno ottenuto risultati alquanto deludenti. Come ha riferito Simeoni subito dopo il voto, la Corsica si avvia ad innestare un processo di autonomia concordato, che dovrebbe portare nel 2021, secondo quanto progettato dalla coalizione di governo, a un referendum.
Come la Catalogna?
Ci sono in effetti delle similitudini con quanto sta avvenendo in Spagna. Similmente ai baschi e ai catalani, gli indipendentisti corsi hanno puntato tutto sulla “politicizzazione” della loro lotta armata, in tutti e tre i casi i successi sono stati più che eloquenti; ultima controprova ne è stata l’ottima affermazione degli indipendentisti catalani nelle elezioni regionali tenutesi il 21 dicembre scorso. Il 2017 è stato davvero l’anno della consacrazione per le forze autonomiste e indipendentiste del Continente: oltre alla citatissima Catalogna e alla riapertura del “caso Corsica”, vi è stato il successo abbastanza forte del referendum per l’autonomia tenutosi in Veneto (che ha coinvolto il 57% degli elettori, con un’ovvia affermazione dei “sì” a una maggiore autonomia dallo stato italiano).
Un trend che sembra evidenziare una sempre maggiore frammentazione dei singoli stati nazionali, i quali – incapaci di costruire una federazione europea più efficiente e (soprattutto) più amata dai cittadini – sembrano ora avviati su un lento percorso di consunzione interna, fatta di risentimenti secolari, ansie scatenate dalla globalizzazione e diseguaglianze sociali estreme.
Le differenze, i problemi
Bisogna dire, però, che la Corsica, ancor più che la Catalogna (che mai ha visto nascere fenomeni di indipendentismo armato), ha una storia recente che ricorda quella dei Paesi Baschi. Il già citato FNLC ha insanguinato per più di due decenni l’isola con attentati, talvolta anche spettacolari (come l’uccisione del prefetto Erignac nel 1998, ad Ajaccio). I frontisti hanno rinunciato alla lotta armata nel 2014, ma non hanno deposto le armi – a differenza dell’Eta basca.
La Corsica, terra dove la disoccupazione supera il 10% e da dove molti sono costretti ad emigrare a malincuore, si sente (esattamente come la Catalogna) una terra negletta e abbandonata da tutti i politici francesi. Viste da Ajaccio o da Bastia, le promesse di Macron appaiono esattamente come quelle dei suoi predecessori: carta straccia.
Ed è in questa totale mancanza di fiducia e di dialogo che appare, rinverdita anche dal caos di un mondo globalizzato, l’utopia di una nuova patria da ricostruire o, perlomeno, di una profondissima autonomia da uno stato centrale ritenuto inesorabilmente corrotto e in mano alle èlite finanziarie. Da Barcellona ad Ajaccio, il vento autonomista spira e la domanda a questo punto risuona forte: chi sarà il prossimo?