
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE A BRUXELLES
Si è concluso ieri a Bruxelles il Consiglio Europeo di giugno, nel grigiore umido di un’estate che arranca come l’economia del nostro continente. Molto atteso per il suo ruolo di indirizzo della politica economica, per dare un segnale concreto a favore del rilancio economico e per contrastare la disoccupazione giovanile, il vertice di quest’anno non ha portato le sorprendenti conquiste dello scorso anno. L’allora Presidente del Consiglio italiano Mario Monti, d’intesa con il neoeletto Presidente francese François Hollande, era riuscito ad aggirare le resistenze della Germania e a ottenere l’approvazione del Compact for Growth and Jobs, nonché l’impegno per la costituzione di un’Unione bancaria. I Capi di Stato e di Governo hanno però ribadito la propria unità nell’affrontare la crisi e hanno trovato un accordo su diverse misure rilevanti, che spetterà alle altre istituzioni europee e agli Stati membri concretizzare.
Primo fra tutti, l’impegno di 8 miliardi di euro – anziché i 6 previsti inizialmente – del bilancio comunitario per la “Youth Employment Initiative”, che prevede un esborso di fondi verso le regioni europee dove la disoccupazione giovanile supera il 25%, contestuale alla definizione da parte degli Stati membri di piani per favorire l’assunzione dei giovani. Questo risultato è sicuramente un successo politico per Enrico Letta, Hollande e il premier spagnolo Mariano Rajoy. I 2 miliardi aggiuntivi subentreranno però solo a partire dal 2016.
Accanto ad un impegno a potenziare le opportunità di occupazione e formazione transfrontaliere attraverso il portale “EURES” e il programma “Erasmus +”, e a utilizzare i fondi strutturali orientandoli verso l’impiego dei giovani, l’altra iniziativa importante, definita dalla Commissione Europea negli ultimi mesi e accolta ieri dai governi nazionali, è la “Youth Employment Guarantee”. Essa mira ad assicurare ai disoccupati d’età inferiore ai 25 anni un’opportunità di occupazione, formazione o istruzione entro 4 mesi dalla fine degli studi o dalla perdita del posto di lavoro. Proposta ambiziosa e di cruciale importanza affinché – come ha dichiarato il Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz – un’intera generazione non debba pagare per tutta la vita il prezzo di una crisi per la quale non ha nessuna responsabilità.
A tal fine, il ritorno alla crescita resta comunque lo strumento più efficace. Per favorire la ripresa economica, il Consiglio Europeo ha approvato iniziative in materia di promozione degli investimenti e di accesso al credito. In primis, l’approvazione definitiva del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), in seguito all’accordo raggiunto giovedì mattina in trilogo e al superamento del veto del Primo Ministro britannico David Cameron nel corso del vertice, rassicurato che lo sconto mantenuto in febbraio non sarebbe stato neutralizzato dall’intesa raggiunta sulla nuova Politica Agricola Comune. L’accordo sul QFP 2014-2020 permetterà di avviare diverse politiche di rilancio della crescita, quali COSME (sulla competitività delle PMI), Horizon 2020 (su ricerca e innovazione), i project bond (ora in fase pilota) e i diversi programmi adottati nel contesto della Strategia Europa 2020.
Inoltre, la Banca Europea degli Investimenti (BEI) e la Commissione hanno presentato un rapporto sul finanziamento dell’economia. Esso prevede un ruolo più rilevante della BEI quale garante dei prestiti alle PMI, attraverso uno stretto coordinamento con le banche locali e grazie all’effetto leva del suo recente aumento di capitale di 10 miliardi di euro. Assicurare che le imprese abbiano adeguate opportunità di finanziamento, soprattutto nei Paesi più in difficoltà, rappresenta un tassello ineludibile per un ritorno alla competitività del nostro continente.
Ancora più importante è un rapido completamento del Compact for Growth and Jobs, che prevede un’ampia serie di misure, a livello europeo e nazionale, in materia di mercato unico, innovazione, agenda digitale, servizi, energia e tassazione. Inoltre, i leader hanno ribadito l’importanza di mantenere una solida base manifatturiera in Europa, anche grazie al Piano d’Azione per l’acciaio da poco presentato dalla Commissione, e hanno accolto con favore le iniziative per ridurre le regole inutili e più gravose per le imprese. I leader europei hanno poi approvato le Country Specific Recommendations, ovvero le raccomandazioni di politica economica presentate dalla Commissione ai singoli Stati membri nell’ambito del Semestre Europeo. Tali raccomandazioni verranno ora tradotte in decisioni politiche a livello nazionale in materia di bilancio, riforme strutturali e politiche sociali.
Il Consiglio Europeo ha inoltre discusso gli ultimi sviluppi in materia di Unione bancaria, della quale ha ribadito l’importanza per recidere il legame tra banche e crisi del debito sovrano. In seguito all’approvazione del Meccanismo di Supervisione Unico (in capo alla BCE per gli istituti finanziari d’importanza sistemica) e all’accordo raggiunto in Consiglio ECOFIN sulla direttiva che definisce il quadro per la ristrutturazione delle banche in difficoltà, si attende dalla Commissione la proposta per un Meccanismo di Risoluzione Unico. Completati entro la primavera del 2014 i tre pilastri dell’Unione bancaria, l’Unione Europea avrà compiuto un passo importante verso una maggiore stabilità finanziaria, e allontanato ulteriormente i timori sulla solidità dell’euro.
Poche novità, dunque, sono emerse da un vertice soprattutto interlocutorio, con le istituzioni europee e i governi nazionali in attesa del responso delle elezioni in Germania del prossimo settembre. I progressi raggiunti sono incrementali e ribadiscono l’importanza dell’implementazione delle politiche già varate nel corso degli ultimi mesi, in un percorso che assomiglia a una maratona più che a uno sprint. Forse non la politica più efficace per contrastare le ondate euroscettiche che minacciano di squassare il Parlamento Europeo nelle elezioni dell’anno prossimo, come riportato nel numero mensile di giugno di Europae. Sicuramente la migliore politica possibile per un’Europa incerta sul proprio futuro, dove alla necessità di una maggiore integrazione, palesata dalla crisi, si accompagna un’attenzione ossessiva all’interesse nazionale, tale per cui ogni passo compiuto a Bruxelles deve essere spendibile in politica interna come un vantaggio ottenuto a scapito dei partner o dell’Unione stessa. In quest’ottica, il consesso degli Stati membri al livello politico più elevato, quello dei Capi di Stato e di Governo, diventa il vero padrone del gioco e ogni progresso in termini di rilancio dell’economia o di maggiore solidarietà tra europei sarà lento, difficile e facilmente reversibile.
Tra le conclusioni del vertice si leggono anche il benvenuto alla Croazia nell’UE, i complimenti alla Lettonia per l’ingresso nella zona euro, che avverrà il 1 gennaio 2014, l’appoggio all’inizio dei negoziati per l’adesione della Serbia e per un accordo di stabilizzazione e associazione con il Kosovo, nonché l’impegno a condurre rapidi negoziati per il Transatlantic Trade and Investment Partnership con gli Stati Uniti. L’UE è dura a morire. Nelle grandi difficoltà e incertezze del ventunesimo secolo, questo è un pensiero incoraggiante.
In foto i membri del Consiglio Europeo nella tradizionale foto di famiglia prima dell’inizio del vertice del 27-28 giugno (Foto: Council of the European Union).