C’è attesa per le elezioni legislative in Egitto, le prime dopo l’emanazione della Costituzione del 2014 e sotto il regime di Abdel Fatah al Sisi. Finora i poteri esecutivi e legislativi sono stati concentrati interamente nelle mani dell’ex militare: il nuovo Parlamento unicamerale avrà il potere non solo di legiferare, ma anche di mettere in stato di impeachment il presidente.
Un’elezione pluri-fase
La procedura di elezione della Camera dei Rappresentanti egiziana è tuttavia molto lenta e complessa. Sono previste infatti due fasi, suddivise a loro volta in due turni. La prima fase avrà luogo questo mese: il 17 e 18 ottobre inizieranno a votare gli egiziani residenti all’estero, il 18 e 19 i residenti in 14 delle 27 province egiziane. Il secondo turno della prima fase è previsto per il 26, 27 e 28 ottobre.
Nella seconda fase potranno votare un altro gruppo di egiziani residenti all’estero e le 13 altre province egiziane. Questa seconda parte avrà luogo il 21, 22 e 23 novembre (primo turno), il 30 novembre, 1 e 2 dicembre (secondo turno).
La ripartizione dei seggi e le forze in campo
I seggi in palio sono 568, dei quali 448 assegnati con il sistema uninominale e 120 attraverso il sistema delle liste, con quote prefissate per giovani, donne, cristiani ed operai. Il capo dello Stato potrà nominare 28 parlamentari. Le elezioni si dovevano tenere già a marzo, ma sono state posticipate a seguito del giudizio reso dalla Corte Costituzionale, la quale ha ritenuto incostituzionali alcune disposizioni della legge elettorale riguardanti la suddivisione delle circoscrizioni.
Tre le principali coalizioni elettorali: “Chiamata dell’Egitto”, “Per l’amore dell’Egitto” e “Blocco Indipendente del Risveglio Nazionale”. I sondaggi alla vigilia del voto danno per vincenti le ultime due coalizioni, composte dai sostenitori del presidente al Sisi, l’una spinta dalla lotta antiterrorismo contro l’Isis e l’altra dalle esigenze di sviluppo economico e sociale del Paese del Nilo.
Le candidature individuali sono, in tutto, 5.420, molte meno rispetto al 2011 quando furono 10.251: segno evidente di un calo dell’entusiasmo per un processo di democratizzazione che, con l’ascesa di un regime in mano all’esercito (che mantiene il diritto di nomina del Ministro della Difesa fino al 2022) ed al presidente al Sisi (visto come rappresentante degli interessi e della volontà dell’Egitto), si è arrestato.
Il sistema di al Sisi e le reazioni della comunità internazionale
Il regime, che ha imposto notevoli limiti alla libertà di stampa e di associazione, ha messo fuori legge il movimento dei Fratelli musulmani. La costituzione infatti, malgrado faccia dell’Islam la principale religione di Stato, prevede che i partiti non possano organizzarsi su base religiosa: un duro colpo, quindi, ad uno dei più influenti gruppi in Egitto dell’Islam politico, principale protagonista delle primavere arabe del 2011.
Data l’importanza dell’avvenimento politico, oltre 60 delegazioni internazionali seguiranno le legislative egiziane. Un gruppo di esperti e personaggi politici europei, tra cui l’ex ministro degli Esteri italiano Emma Bonino, facenti parte del gruppo di lavoro sull’Egitto, ha messo in guardia l’Unione Europea dal considerare la tornata elettorale come frutto di un progresso significativo verso una democrazia inclusiva e rappresentativa o di un governo democratico.
«E’ un’opportunità – si legge in una nota inviata ai leader e funzionari europei – per la normalizzazione della vita politica egiziana, ma alcuni elementi della roadmap annunciata da al Sisi dopo la destituzione di Morsi sono stati abbandonati, come per esempio la riconciliazione politica».