Negli ambienti della ricerca, gli ultimi quindici anni sono stati caratterizzati dal prepotente ritorno dell’Intelligenza Artificiale. Nel corso degli anni Novanta, infatti, era entrata in declino quella che era l’idea in auge negli anni Settanta e Ottanta: la costruzione di soggetti artificiali in grado di replicare il pensiero umano. Motivazioni principali erano la ancora carente capacità di calcolo dei processori e una diffusa sfiducia degli addetti al settore. In particolare, i fallimenti degli anni precedenti avevano mostrato l’inadeguatezza dei modelli teorici allora utilizzati per definire cosa fosse l’intelligenza.
La nuova stagione dell’intelligenza artificiale
Il grande cambiamento è avvenuto a partire dagli anni 2000. L’IA ha rincominciato a progredire, sostenuta innanzitutto da un ambiente tecnico-scientifico più favorevole (aumenta la capacità di calcolo, migliorano le reti di calcolo parallelo e distribuito, vengono affinate le teorie sull’apprendimento automatico). Inoltre è stata incentivata dai nuovi paradigmi teoretici delle neuroscienze, che ipotizzano un tipo di intelligenza più meccanica, emergente da reti e segnali. Anche in questo caso il dibattito accademico ha avuto un ruolo prominente nell’orientamento della tecnologia.
C’è, tuttavia, una sostanziale differenza con la visione degli anni Settanta: per gli addetti al settore la domanda cruciale non è più “Riusciamo a riprodurre il pensiero umano in strutture artificiali?” ma “Riusciamo a far sì che strutture artificiali risolvano problemi come farebbe un essere umano?”.
Intelligenza e diritti
A fine ottobre, durante l’evento Future Investment Initiative, l’Arabia Saudita ha dato la cittadinanza al robot “donna” Sophia, che risponde ai giornalisti e riconosce le emozioni umane. Viene sostanzialmente riproposta una visione della IA come mimesi del pensiero umano, sebbene non lo siano gli algoritmi che governano il robot. Sophia è intelligente solamente nella misura in cui produce risultati analoghi a quelli che raggiungerebbe una persona: a livello di programmazione non possiede pensiero, ma strategie avanzate di problem solving. È la narrazione che la circonda ad essere incredibilmente più sofisticata: l’aspetto, la voce e il contesto da conferenza donano al robot una parvenza più “umanoide”.
La provocazione saudita ha il pregio di portare all’attenzione un argomento centrale della giurisprudenza moderna: cosa fare con questi soggetti artificiali? Come andranno a definire ciò che noi riteniamo intelligente? Basterà rivestirli di fattezze umanoidi per garantire loro diritti civili e politici, oppure andrà creato una categoria giuridica completamente nuova? Con Sophia, l’Arabia Saudita ha definito in maniera arbitraria il proprio concetto di “intelligenza” e, altrettanto arbitrariamente, ha creato un robot umanoide destinatario di diritti civili.
Verso una nuova fattispecie giuridica?
È auspicabile che la delicatezza della questione, al contrario, venga trattata con la necessaria prudenza. Per questo, già all’inizio del 2017 il Parlamento Europeo ha invitato i legislatori a lavorarci, creando un framework adeguato a regolare responsabilità e diritti dei robot. Un codice di Condotta Etica e un’Agenzia Europea per la robotica potrebbero garantire la definizione di nuova fattispecie giuridica che sottolinei l’alterità dell’“intelligenza” artificiale.
Negli anni a venire, gli sviluppi nel campo dell’IA rappresenteranno certamente una delle sfide più importanti per il diritto statale e internazionale. Le nuove tecnologie di apprendimento automatico stanno progredendo a ritmi serrati e le loro applicazioni quotidiane sono usate da miliardi di persone. Sophia è certamente uno dei casi più eclatanti, ma non è l’unico. Già nel 2014, ad esempio, la società giapponese DKV ha accolto nel consiglio di amministrazione un sistema esperto chiamato Vital, presentato come il primo robot manager. Ma ad essi si aggiungono droni, armi intelligenti, cellulari, assistenti domestici e auto a guida autonoma, che stanno rapidamente invadendo i mercati di tutto il mondo.
Le sfide future
Un’adeguata gestione giuridica dovrà tenere conto di numerosi fattori, dalle necessità tecnologiche alle teorie sulla mente e il pensiero: l’Intelligenza Artificiale contemporanea è profondamente differente da quella immaginata negli anni Settanta e sono ancora aperte le implicazioni che queste differenze potranno rivestire in ambito giuridico. In ultima analisi, occorre definire kantianamente se trattare il robot come un fine, oppure come un mezzo.