Le polemiche tra Italia e Unione Europea sono ad oggi le protagoniste nel panorama politico europeo. Le critiche di certo non mancano e mai sono mancate ma quali sono le basi su cui si fondano ? Cosa rappresenta oggi l’Unione Europea?
Oggi l’Ue si presenta come un soggetto ibrido, a metà strada tra un’organizzazione internazionale e uno Stato, senza essere né l’uno né l’altro, confrontandosi dunque con una forte crisi d’identità. L’ordinamento attuale delle istituzioni europee risulta inadeguato in materia di competenze necessarie nel far fronte alle diverse problematiche che affliggono il continente europeo: il fenomeno del terrorismo internazionale, della criminalità organizzata, la crisi economica e migratoria, si presentano come situazioni ad un livello sovranazionale, in cui la capacità normativa ed effettiva del singolo stato membro risulta insufficiente al fine di risolvere le suddette tematiche, ma allo stesso si rivolge all’Unione europea in materie e competenze che sono le proprie e non di quest’ultima.
È evidente che negli ultimi anni premier e leader di Stato hanno utilizzato l’Ue come capro espiatorio per l’incapacità nella risoluzione di problemi nazionali che oramai risultano sovranazionali. L’origine di tutto porta a considerare il sistema decisionale dei Capi di Stato e leader degli Stati membri all’interno di un organo: il Consiglio europeo. Esso non partecipa al processo legislativo dell’UE, ma assume rilevanza nel quadro decisionale della linea politica europea, che deve essere votata all’unanimità dei suoi membri, nei casi specifici previsti dai trattati UE, come per esempio la concessione di una materia di competenza esclusiva degli stati membri.
Tale funzionamento porta l’odierna Europa in uno status quo insostenibile e a una divisione netta tra l’egoismo nazionale e l’impossibilità per gli stati “volenterosi” di progredire nel processo di integrazione europea, i cui corrispettivi Presidenti, legati indissolubilmente al consenso nazionale, trovano difficoltà nel portare avanti azioni di questo tipo. Esistono comunque iniziative volte a sbloccare tale situazione: la sessione plenaria del Parlamento Europeo, in data 16 febbraio 2017, vede l’approvazione di tre risoluzioni non legislative, che segnano un’intenzione più marcata d’integrazione europea.
Una prima risoluzione, redatta dagli europarlamentari Mercedes Bresso (Socialisti e dei Democratici) e Elmar Brok (Partito Popolare Europeo), non si presenta come un punto di rottura con i trattati europei, ma mira ad un’ottimizzazione dell’attuale trattato di Lisbona: viene richiesta una trasformazione del Consiglio dell’UE in un’effettiva seconda camera, con l’introduzione di commissioni su esempio di quelle già presenti all’interno del Parlamento europeo; con lo scopo di un maggiore efficientamento del processo legislativo, si auspica il passaggio ad un effettivo voto a maggioranza qualificata, da parte del Consiglio; al fine di garantire un migliore coordinamento delle politiche di difesa degli Stati membri, la risoluzione richiede l’istituzione di un Consiglio dei ministri della difesa permanente.
La seconda risoluzione, presentata dall’eurodeputato Guy Verhofstadt (ALDE), si propone invece come una vera e propria riforma del Trattato di Lisbona, a differenza della prima, nell’ambito della governance economica, della politica estera, dei diritti fondamentali e della trasparenza: tra le proposte più rilevanti viene sottolineata l’introduzione di un Ministro delle Finanze dell’eurozona, la concessione di competenza sulla politica comune economica dell’UE alla Commissione europea, e quindi la realizzazione di un bilancio della zona euro; la riduzione sostanziale dei commissari europei e l’elezione diretta del Presidente della Commissione, tramite liste transnazionali comuni europee. L’ultima e terza risoluzione, curata dagli europarlamentari Reimer Böge (PPE) e da Pervenche Berès (S&D), investe le sue proposte, in un maggior rafforzamento dell’area euro, tramite la creazione di un Fondo monetario europeo, esterno al meccanismo europeo di stabilità (ESM), con l’intento di migliorare l’ammortizzamento degli shock economici.
Se il Parlamento europeo tenta nei limiti delle sue prerogative di superare lo status quo, il Consiglio europeo e il voto all’unanimità rendono tuttavia impraticabili tali proposte, il tutto a favore di coloro che preferiscono questa stagnazione per il consenso elettorale nazionale