Intervista a cura di Valentina Ferrara e Davide D’Urso
Lo European Federalist Party (EFP) è un partito pan-europeo attivo in 13 Stati membri dell’UE e nato nel novembre 2011 dalla fusione tra il Parti Fédéraliste, operativo in Francia dal 1995, e il partito Europe United, fondato nel 2005 in seguito alla bocciatura referendaria del Trattato costituzionale in Francia e Paesi Bassi. Lo EFP ha costituito, in ciascuno dei Paesi in cui è attivo, un partito politico legato alla struttura federale centrale. In Italia è operativo dal luglio 2012 il Partito Federalista Europeo (PFE). In occasione della Festa dell’Europa, Europae ha intervistato l’avvocato Marco Marazzi (sotto in foto) Segretario Generale dello EFP a livello europeo e Vicepresidente del PFE, la sua emanazione italiana.
La struttura del vostro partito rappresenta un caso particolarmente interessante nel panorama europeo. Può spiegarci in poche parole in cosa si distingue, per esempio, dal PSE o dal PPE?
Il Partito Federalista Europeo è un partito veramente europeo. Al momento gli altri partiti hanno una base solamente nazionale e a livello europeo mancano di un vero coordinamento di tipo federale. Molto spesso i raggruppamenti di partiti nazionali su base europea si formano all’interno del Parlamento Europeo con la costituzione dei gruppi parlamentari, ma continuano ad operare politicamente in una dimensione quasi solamente nazionale. Parte dei problemi dell’Europa deriva proprio dal fatto che i partiti continuano ad avere una struttura nazionale. Questa considerazione è ormai condivisa da molti, anche dalla stessa Commissione Europea.
Qual è l’obiettivo della vostra azione politica in ambito europeo e nazionale?
L’obiettivo del PFE è la costruzione di una federazione europea. Crediamo che all’Europa serva una rivoluzione strutturale che ne cambi modifichi l’assetto istituzionale, dando ad un governo federale competenze esclusive in materia di politica estera e di difesa, ma anche in settori come la politica industriale e quella fiscale. Per arrivare a questo risultato è fondamentale il ruolo dei cittadini europei, senza il supporto dei quali il processo di riforma non potrà avere luogo. Per questo, la nostra azione politica si esprime anche a livello nazionale: in Italia, come negli altri Stati membri, è necessario operare politicamente per realizzare riforme funzionali alla realizzazione della federazione europea, in cui gli Stati membri continuerebbero per altro ad avere competenze importanti, per esempio nelle politiche educative e culturali.
Quelle del 2014 potrebbero essere le prime elezioni veramente europee, con l’opinione pubblica mobilitata su tematiche europee. Come interpretate questa tornata elettorale? Siete favorevoli all’elezione diretta del Presidente della Commissione Europea?
Noi crediamo che le elezioni europee del 2014 debbano avere un carattere costituente per la futura federazione europea. L’elezione diretta del Presidente della Commissione potrebbe essere un vantaggio, specie se questa figura fosse unificata a quella del Presidente del Consiglio Europeo, perché darebbe maggiore legittimità democratica all’UE e al presidente una forza politica diversa. Questo passo dovrebbe comunque accompagnarsi ad un processo più ampio di riforma strutturale e istituzionale.
L’UE sembra però procedere a piccoli passi, con accorgimenti parziali che non lasciano intravedere un simile “big bang” istituzionale. Come potrebbe avvenire concretamente?
Occorre tornare ai cittadini e chiedere loro in modo aperto e democratico se intendono proseguire sulla strada dell’integrazione europea o meno. Non ci sono mezze strade: o dentro, o fuori. La scelta potrà avvenire tramite referendum pan-europei o sottoponendo a referendum una nuova costituzione europea elaborata dal Parlamento Europeo nella sua funzione costituente. L’importante è che siano presentati correttamente i “pro” e i “contro”, spiegando ai cittadini il significato di questo nuovo passo e le conseguenze di eventuali passi indietro. In questo la stampa dovrebbe avere un ruolo fondamentale per aiutare i cittadini a pensare sempre più in ottica europea.
Crede che le opinioni pubbliche nazionali siano pronte per passi come questi?
Non è questione di essere pronti o meno. Cosa deve essere chiaro è che non abbiamo più tempo. Non possiamo pensare di vivere come la “Svizzera del mondo”: la Svizzera del mondo è la Svizzera. Dobbiamo capire che il resto del mondo si muove, i Paesi emergenti, molti di dimensioni “continentali” come Cina, India e Brasile per esempio, sono sempre più assertivi e l’Europa è sempre meno centrale nello scenario internazionale. Siamo consapevoli che si tratta di un’operazione complessa, ma non si tratta nemmeno di qualcosa di completamente nuovo. I cittadini europei possiedono un substrato culturale e di valori comune sul quale è possibile costruire un’unione federale. Se anche così non fosse, sarebbe comunque semplicemente la necessità geopolitica a spingere nella direzione di una maggiore integrazione. Il costo politico e anche economico di mantenere divisioni anacronistiche in settori come la politica estera e quella di difesa, per esempio, non è più sostenibile.
L’opzione federale è condivisa da molti partiti e famiglie politiche europee. In cosa vi distinguete dagli altri movimenti che si pongono l’obiettivo della federazione europea, per esempio il PSE, e quale può essere il vostro ruolo politico in Italia come in Europa?
Cosa ci distingue dagli altri partiti è il fatto che la federazione europea rappresenta l’obiettivo principale del nostro partito. Come per Alexander Hamilton in America alla fine del XVIII secolo, la realizzazione di una federazione è per noi la priorità assoluta e non un obiettivo accessorio. Oggi le principali famiglie politiche sono tutte europeiste, quantomeno a parole, ma lo sono in modo selettivo. Spesso si ascoltano dichiarazioni di esponenti politici che affermano di essere a favore dell’Europa ma solo a certe condizioni: solo se è di sinistra, o solo se e’ di destra e via dicendo. Sarebbe come dire che l’esistenza di un Paese come l’Italia dovrebbe essere condizionata al colore politico assunto dal parlamento in un determinato momento. Questa e’ un’assurdità, ma all’interno dei partiti nazionali convivono anime diverse, a volte vicine a gruppi ostili agli sviluppi federali dell’Europa. Il nostro compito può essere quello di una coscienza critica a favore del progetto federalista. Il nostro obiettivo vuole essere quello di costringere i veri federalisti degli altri partiti ad uscire allo scoperto e a confrontarsi apertamente. Il PFE è per realizzare la federazione europea: questo e’ un progetto politico, un progetto che richiede la discesa diretta nell’agone politico. Perché non c’è più tempo. Quello che vogliamo è cambiare l’Europa.