Nell’ambito di un crescente populismo di destra che ha coinvolto i paesi dell’Europa negli ultimi anni, sorprende l’ultima legge votata dalla camera bassa del Parlamento polacco, il Sejm lo scorso 1 marzo. La legge sull’Istituto della Memoria Nazionale, infatti, prevede la sanzione fino a tre anni di carcere per chiunque emetta dichiarazioni su un presunto coinvolgimento polacco sulle vicende dell’Olocausto, in particolare vietando espressioni come «campi di stermini polacchi», e per chiunque neghi il massacro in Volinia.
Una legge che il presidente polacco Andrzej Duda, appartenente al partito di destra Diritto e Giustizia (PiS), ha difeso convintamente, definendola un provvedimento atto a «difendere la verità storica», per la quale i polacchi non sono stati altro che vittime dell’Olocausto, anziché complici.
Le proteste di Israele e Ucraina
Ovviamente la legge ha già suscitato reazioni molto forti da Israele, che ha definito questo provvedimento una «negazione dell’Olocausto». Il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha però già promesso l’apertura di un dialogo costruttivo con il Paese, mandando anche nei giorni scorsi un gruppo di ambasciatori in Israele per cercare una risoluzione comune, che se sembra comunque molto improbabile.
Un conflitto diplomatico è nato anche contro l’Ucraina. Il testo della legge, infatti, prevede anche di condannare l’ideologia di Stepan Bandera, il leader dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (Oun) che collaborò con le autorità naziste contro l’esercito sovietico e che fu coinvolto in alcune stragi dove morirono anche molti polacchi. «Abbiamo perdonato e chiesto perdono» è stato il commento di Hanna Hopko, responsabile ucraina degli Affari Esteri. «Questa è la nostra strategia, benedetta da papa Giovanni Paolo II. Siamo proiettati in un futuro in cui i politici non fabbricano più il proprio consenso sulle ossa e le tombe». Questo gesto di condanna di Bandera è già il secondo motivo di contrasto tra i due Paesi: infatti, nel luglio 2016, il Sejm aveva approvato una legge in cui si paragonava il massacro della Volinia compiuto dall’Oun a un genocidio.
La reazione UE: possibile violazione dello stato di diritto
Il rinvio della legge al Tribunale Costituzionale per l’interpretazione, contestuale alla firma da parte del Presidente, ha generato un altro motivo di conflitto: il presidente del Tribunale, Julia Przylebska, ha delegato a una commissione ristretta l’analisi della legge, ma tanto lei quanto i quattro membri della commissione scelti sono stati nominati dal Governo a guida PiS, limitando il ruolo di controllo sull’esecutivo.
Da qui la reazione delle istituzioni europee. Stabilendo di attuare l’articolo 7 del Trattato, il Parlamento Europeo ha deciso di verificare la possibile violazione dello stato di diritto. Finora mai utilizzata, questa procedura cerca di prevenire le violazioni dei valori dell’Unione Europea e, nel caso si verifichino, di scegliere con quali sanzioni punirle.
Su iniziativa di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione UE, il Consiglio dei ministri dell’UE può infatti stabilire se persiste un evidente rischio di violazione dei valori europei da parte di uno Stato membro. La decisione del Consiglio si concretizza con il sostegno della maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri e il consenso del Parlamento europeo.
Legge già in vigore
Nel frattempo però la legge sull’Istituto della Memoria Nazionale è stata già applicata: infatti, il giorno dopo la firma del presidente polacco, il gruppo nazionalista chiamato Lega polacca contro la diffamazione (Rdi) ha citato in giudizio un sito di notizie in Argentina per «danneggiamento della nazione polacca».
Tra chi condanna aspramente la legge e chi la difende a spada tratta, definendola necessaria per poter ricostruire il proprio Stato, è evidente che questo tipo di provvedimento evidenzia ancora una volta la crescita dei partiti di destra e il calo dell’autorevolezza delle istituzioni europee, che non riescono più a rappresentare motivo di pressione o limitazione agli Stati membri.
Stefano Maullu, parlamentare europeo di Forza Italia per il PPE, ha commentato così: «In un momento in cui l’antisemitismo sembra rappresentare una minaccia viva e allarmante, specialmente per i Paesi dell’Unione Europea, l’entrata in vigore della legge rappresenta un colpo durissimo al contrasto dell’odio, dell’antisemitismo e di ogni estremismo religioso».