1 luglio 1965: inizia il terzo semestre italiano di Presidenza di una CEE (Comunità Economica Europea) ancora a 6 membri. In Europa è la stagione dei passi avanti e dei grandi tentennamenti francesi. I progressi, innanzitutto: ad aprile è infatti entrato in vigore il Trattato sulla Fusione degli Esecutivi, passo storico, che fonde in un unico organismo CEE, CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) e CEEA (Comunità Europea dell’Energia Atomica). Da quel giorno in avanti non sarebbero più esistite tre diverse Commissioni Europee, ma un’unica Commissione e un unico Consiglio.
Ma il momento della gioia per il progresso del cammino dell’integrazione europea dura ben poco. Il giorno prima dell’inizio del semestre italiano targato Aldo Moro, si apre la famigerata “Crisi della sedia vuota”.La crisi è innescata dal rifiuto francese posto dal Presidente Charles De Gaulle alle proposte della Commissione nella direzione per una maggiore integrazione europea. Tra le più importanti figurano la riforma della PAC (Politica Agricola Comune) e il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio dei Ministri CEE al posto dell’unanimità.
De Gaulle per 7 lunghi mesi non partecipa alle riunioni del Consiglio dei Ministri CEE e poiché era ancora in vigore il voto all’unanimità, l’astensione francese blocca di fatto la maggior parte delle attività della CEE fino al 30 gennaio 1966. Nei primi sei mesi della crisi, si svolge la mediazione italiana per risolvere l’impasse e si giunse appunto ad inizio 1966 al famoso “Compromesso di Lussemburgo”. In pratica, si vara una formula politica che tuteli gli interessi di tutti gli Stati a seguito dei voti a maggioranza qualificata. In quel folle 1965 di esibizione muscolare della Francia, De Gaulle non si limita a bloccare la CEE, ma anche ad uscire dal Comando Militare della NATO.
In Italia si svolge invece la stagione del centrosinistra del governo presieduto da Aldo Moro, sostenuto in Parlamento anche dal PSI (Partito Socialista Italiano) di Nenni, dai socialdemocratici del PSDI e dai repubblicani del PRI. Una stagione di grande prestigio internazionale per l’Italia, ancora galoppante nel pieno del boom economico. La scena politica sta mutando profondamente e la DC pare egemonizzare ed attuare gran parte delle politiche di sinistra. Il cambiamento è accelerato anche da un momentaneo sbandamento del PCI, a causa della morte del suo segretario Palmiro Togliatti nell’agosto del 1964. Sette giorni dopo la morte de “Il Migliore”, viene colpito da ictus il Presidente della Repubblica Segni, malattia che lo porterà alle dimissioni e all’elezione di Saragat.
In politica interna, Moro agisce da grande innovatore. In ambito economico, viene liberalizzata la possibilità di rateizzare gli importi nell’acquisto dei prodotti, per favorire la crescita dei consumi, e si apre la possibilità alla creazione delle imprese cooperative. Passa poi la riforma agraria, che abolisce l’arcaica istituzione della mezzadria. All’inizio del 1966 l’attività di governo però inizia a zoppicare e l’ondata di innovazione si schianta contro il muro dell’opposizione di molti membri della DC all’istituzione della Scuola Materna Statale. I franchi tiratori azzoppano il provvedimento e Moro è costretto a dimettersi il 21 gennaio del 1966. Il governo gli verrà riaffidato per altri 2 anni e durerà fino al giugno del 1968.
Sono passati 49 anni dalle convulse vicende del semestre italiano del 1965 e molti problemi che il nostro Paese ha affrontato allora, ritornano oggi sotto altre forme. Al posto della frenatrice Francia di De Gaulle, troviamo un britannico David Cameron in piena rotta con le istituzioni della UE. Se da una parte il conflitto politico appare oggi abbastanza stemperato rispetto ad allora (i Conservatori britannici non sono arrivati al punto da boicottare il Consiglio), i problemi economici si sono totalmente ribaltati. A metà degli anni ’60 si soffriva di un’inflazione galoppante, che però era mitigata da una sostenuta crescita economica. Oggi, l’inflazione è ferma ad un misero +0,2% e con essa anche il Prodotto Interno Lordo, previsto a fine anno a un +0,3%.
In più è completamente cambiata la struttura dell’economia italiana ed europea, con all’orizzonte nuovi temibili concorrenti globali. La sfida del semestre italiano è molto impegnativa, e per ottenere il massimo degli obiettivi occorre anche guardare al passato ed imparare dagli errori, dai compromessi e dai successi.
Photo © Valeria, 2008, www.flickr.com