Il popolo irlandese a maggio sarà chiamato alle urne per scegliere se abolire la severa legge che proibisce l’aborto nel Paese. Ad annunciarlo è il primo ministro della Repubblica d’Irlanda Leo Varadkar dopo una riunione con il Governo. Lo Stato considerato il più cattolico d’Europa potrebbe quindi dare una svolta alla propria legislazione, introducendo nuovi diritti per migliaia di donne costrette ogni anno a migrare in un Paese diverso dal loro per abortire in maniera legale.
La secolarizzazione dell’Irlanda
La Repubblica d’Irlanda pare vivere da alcuni anni un processo definito da molti di “secolarizzazione”. La legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, l’apertura al mercato globale che induce aziende del calibro di Apple, Google e Facebook a sceglierla per i suoi regimi fiscali vantaggiosi, un primo ministro figlio di immigrati indiani e dichiaratamente omosessuale, sono solo alcuni degli eventi che danno l’idea del cambiamento in atto. La decisione di indire un referendum per modificare l’emendamento che nel 1983 ha inasprito fortemente la legge in materia di aborto, sembra voler mantenere la strada intrapresa.
L’attuale legge sull’aborto
Attualmente l’Irlanda risulta essere il secondo paese europeo in quanto a restrizioni sull’interruzione di gravidanza. La prima è Malta dove è vietata per qualsiasi ragione, anche in caso di gravi malformazioni del feto o di gravidanza frutto di uno stupro, al terzo posto la Polonia (dove nel 2016 il partito conservatore di destra Diritto e Giustizia aveva proposto un ulteriore inasprimento della legge stroncato dalle proteste popolari) seguita dalla Finlandia.
In Irlanda dal 2013 l’aborto è consentito solo nei casi in cui la salute della donna sia messa gravemente a rischio ma in precedenza era totalmente vietato. Tale divieto è stato infatti introdotto 35 anni fa con l’ottavo emendamento della Costituzione irlandese che rese incostituzionale l’aborto a seguito del referendum tenuto il 7 settembre del 1983. Con la modifica della Carta la vita del feto veniva infatti equiparata a quella della madre rendendo quindi illegale l’interruzione in qualsiasi circostanza. Attualmente le irlandesi che esercitano clandestinamente l’aborto nel Paese rischiano fino a 14 anni di carcere. Migliaia di donne scelgono ogni anno di spostarsi all’estero per farlo in maniera legale e soprattutto sicura.
Nuovo referendum, nuova legge
Il popolo irlandese sarà ora chiamato, più di trent’anni dopo l’ultimo referendum in materia, a decidere se dare o meno mandato al governo di modificare la legge. Data e quesito della consultazione popolare non sono ancora stati definiti ma, secondo indiscrezioni, se il popolo dovesse esprimersi favorevolmente, l’intenzione dell’esecutivo sarebbe di introdurre la possibilità di abortire fino a 12 settimane dal concepimento.
Mentre i sondaggi indicano una lieve maggioranza a favore dell’aborto, la lotta per la liberalizzazione dell’aborto ha già un volto. Si tratta di Caoimhe Anglin ingegnera ventottenne che negli scorsi giorni ha raccontato la sua storia sulle pagine del The Guardian. Caoimhe, costretta in passato ad recarsi a Manchester per abortire, andrà in pellegrinaggio tra le campagne rurali irlandesi fino alla moderna Dublino per portare la sua testimonianza, e quella di molte altre donne come lei, per favorire un cambiamento che non sembra più così irrealizzabile.