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Photo © martinnemo, 2010, www.flickr.com

Helsinki: tra USA e Russia, fa rumore l’assenza dell’UE

Uno spettro – e non è quello annunciato da Marx – si aggira su questa Europa, indebolita da nazionalismi interni e esterni. È l’idea che l’Europa sia solo una notion géographique, come era uso dire Bismarck, il quale non ci vedeva niente di più che un continente.

Tra Asia e America

Davvero l’Europa corre questo rischio, restare solo un riferimento geografico tra un’America forse al capolinea della sua leadership mondiale, un’Asia in fermento tra l’inarrestabile ascesa cinese e l’arrancare del vecchio gigante russo, e un Medio Oriente ed un’Africa imperturbati nel loro caos politico e sociale?

L’Europa ha da sempre fatto della sua geografia la sua forza, periferia occidentale dell’Asia e, dalla seconda metà del Novecento, avamposto delle liberal democrazie, dell’Alleanza Atlantica e dell’Occidente di fronte all’Impero sovietico. Oggi però, dopo l’incontro tra Trump e Putin a Helsinki, sembra che il Vecchio continente sia niente più che un cuscinetto geografico tra forze molto più grandi.

Helsinki

Dal vertice russo-americano oltre a tanti spunti di riflessione sulla politica di Trump e l’attivismo di Mosca, emerge l’assenza assordante dell’Europa. Trump ha parlato dell’Unione Europea come di un “nemico”. La politica estera di Putin ha da tempo come paradigma quello di “disintegrare” la coesione europea, minando sia l’UE che la NATO, blocchi politici, ma soprattutto geografici, che Mosca teme da sempre.

A Helsinki è emersa un’Europa (dell’Unione Europea non si parla da tempo come soggetto politico) che Mosca vede come un’Asia anteriore, e che Washington considera fardello più che risorsa, anche nell’ottica di una sua difesa, garantita dalla Nato, per cui sono gli Stati Uniti a sborsare le quote maggiori.

L’Europa è notion géographique anche per i migranti, i quali per raggiungere le sue rive rischiano la vita in condizioni indicibili, tentano di varcare questa linea nel Mediterraneo, un flebile confine che separa un’immensa, giovane e in crescita Africa da un’Europa piccola, agiata e a tratti malandata.

UK e Balcani

E’ notion géographique per i britannici, che sembrano desiderare in modo irrefrenabile il distacco da un continente dove l’Inghilterra è stata per due secoli regina dei giochi. L’inarrestabile pulsione di tornare alla dimensione insulare della Gran Bretagna è un bisogno anche geografico: smettere di essere parte di questo progetto che da geografico stava (sta?) diventando politico. L’Europa è notion géographique con o senza i Balcani? Nella penisola dove tutto ebbe inizio (28 giugno 1919) ogni Paese tenta a suo modo di entrare nel club europeo, fuggendo dalla forza centrifuga del vortice turco, col suo despotismo velato, che punta a riconquistare la sua fetta di Europa.

Davanti a queste sfide, che si alternano tra chi dall’Unione Europea vuole staccarsi e chi vuole entrarvi – con sacrifici – nonostante tutto, è fondamentale capire come reagisce l’Unione. Capire se potrà essere qualcosa di più di un mero continente tra l’Asia e l’Atlantico. Capire cosa resta di un’Unione che rischia di perdere, sotto i colpi della paura del futuro, la preziosa conquista dell’abolizione dei confini interni. Capire cosa rimane dell’idea di Europa politica.

Dell’Europa oggi restano le conquiste sociali, una governance economica di primo piano, ma anche una cronica mancanza di coraggio per adeguarsi ai tempi incerti di una globalizzazione che si ripiega su se stessa e ci espone quotidianamente alla forza dirompente della tecnologia. Restano poi le multe a Google che fanno sembrare la Commissione l’ultimo argine ad un mercato senza regole. Oltre a questo – che è tanto – c’è poco però, anche se forse è da questo poco che si deve ripartire. Da quella che Delors chiamava un’Europa delle regole, una casa comune che disciplini al meglio, dalla finanza alla politica alla società, la convivenza tra popoli democratici.

Per smettere di essere solo un continente l’Europa deve iniziare a difendere a spada tratta i suoi valori, dalla democrazia all’economia sociale di mercato. Il futuro dell’UE, e di molti Stati che la circondano, dipende dalla posizione che essa assumerà in merito alla difesa della sua visione del mondo, e dal grado di unità che sapranno mantenere i paesi europei. L’Europa deve essere un’alternativa credibile per il mondo se vuole guadagnare peso politico, altrimenti resterà un’idea geografica, che è al contempo la sua forza e la sua debolezza. La madre delle sfide future per l’Unione rimane smentire il vecchio statista prussiano, il cui fantasma a Helsinki aleggiava più vivo che mai.

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L' Autore - Luca Orfanò

Laureato magistrale in Economics all’Università di Torino nel 2016 con una tesi sugli effetti economico-politici dei flussi migratori. Europeista convinto e appassionato di relazioni internazionali e di Medio Oriente. Ha conseguito il Master in Diplomacy in ISPI. Fondatore di un blog di economia internazionale nel 2012. Dopo un’esperienza lavorativa in ambito finanziario, torna a focalizzarsi sulla politica internazionale collaborando a Rivista Europae.

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