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I premier greco e macedone Tsipras e Zaev, con l'Alto Rappresentante Mogherini e il Commissario per il Vicinato Johannes Hahn © European Union, 2018 EC - Audiovisual Service

Macedonia-Grecia, risolta la disputa sul nome

Dopo più di venticinque anni Macedonia e Grecia hanno firmato un accordo sul nome che la Macedonia dovrà adottare. Dopo la decisione delle Nazioni Unite di identificarla provvisoriamente con l’acronimo F.Y.R.O.M. (Former Yugoslav Republic of Macedonia), i primi ministri macedone e greco hanno convenuto per il nome definitivo di Repubblica della Macedonia del Nord (Republika Severna Makedonija). Nell’accordo assume una valenza importante l’invarianza dei codici ISO internazionali per la Macedonia e l’utilizzo del termine “macedoni/cittadini della Repubblica della Macedonia del Nord”.

La bocciatura del Presidente macedone e la prospettiva del referendum

Questo, infatti, non intacca l’identità dei macedoni stessa, inserendo la connotazione territoriale per evitare eventuali malintesi. L’accordo, tuttavia, è già stato rigettato del Presidente macedone che ha deciso di non firmarlo poiché, secondo quanto ha dichiarato, non è conforme alla Costituzione ed è lesivo della nazione macedone. Il Parlamento dovrà dunque ratificarlo una seconda volta e, in tal caso, il Presidente macedone dovrà accettarlo. Tuttavia, il primo ministro macedone Zaev ha deciso di indire un referendum che è certamente la sfida più complessa da superare.

La risoluzione della controversia era fondamentale per il normale accesso del Paese alle maggiori istituzioni internazionali come l’Unione Europea e la NATO. L’adesione a quest’ultima, infatti, fu bloccata dalla Grecia che impose il veto proprio adduca causa della questione del nome.

Storia della controversia

Era il 1991 quando la Macedonia, pacificamente, dichiarava la propria indipendenza dalla Jugoslavia. Se da un lato riuscì a salvarsi dal baratro di guerra e sofferenza che hanno reso protagonisti i suoi ex coinquilini nel grande sogno della Jugoslavia, la Macedonia ha dovuto affrontare numerosi problemi di politica estera.

Immediatamente dopo la sua indipendenza, la Bulgaria, con la quale confina, riconobbe immediatamente il nuovo vicino, pur non riconoscendone l’identità linguistica. Il macedone, per Sofia, era solo un dialetto bulgaro. La vicenda si è conclusa solo recentemente, quando nell’agosto del 2017 il nuovo primo ministro Zoran Zaev ha firmato uno storico trattato d’amicizia con il presidente bulgaro Bojko Borisov dove la Bulgaria riconosceva l’esistenza a sé stante del macedone mentre Skopje ammetteva la lunga storia comune che i due Paesi hanno avuto nel corso dei secoli.

Le obiezioni della Grecia e la soluzione della contesa

La Grecia, invece, obiettò al neonato vicino sulla liceità dell’utilizzo del nome Macedonia. Questo nome, infatti, è utilizzato per identificare la regione più settentrionale della Grecia, con capitale Salonicco, e Atene sostenne che la decisione di Skopje aveva al suo interno degli interessi irredentisti e, pertanto, pericolosi per l’integralità della Grecia.

Lo scontro si risolse, provvisoriamente, con l’intervento delle Nazioni Unite. La Macedonia modificò, in quegli anni, anche la sua bandiera nazionale – che riproduceva lo scudo macedone di Verghina, ora stilizzato – e alcuni articoli della sua costituzione, ritenuti rei di istigare alla riconquista della regione greca.

Dopo quasi tre decadi, i due Paesi sono giunti a una soluzione. Le ragioni di questo prolungamento sono da ricercarsi nel nazionalismo locale che su questo argomento è nato. Tuttavia, il primo ministro macedone indirà un referendum per il cambio di nome, col fine di ottenere una legittimità sul piano interno. Da un lato, la Grecia, non ha mai voluto concedere nulla su qualcosa che ritiene storicamente e culturalmente suo. Le manifestazioni, partecipatissime, che si tengono con cadenza regolare a Salonicco sono dei chiari esempi di ciò.

Il ruolo del premier Zoran Zaev

La Macedonia, invece, ha sofferto l’utilizzo strumentale della cultura come strumento di controllo. Il Paese è stato infatti governato, ininterrottamente dal 2006 al 2016, dal partito VMRO-DPMNE guidato da Nikola Greuvski. La VMRO-DPMNE, partito conservatore e nazionalista, ha sfruttato l’elemento culturale per creare un sostegno intorno a sé tale da garantirle la quasi sicura rielezione. Un esempio è sicuramente l’immenso progetto di Skopje 2014, la costruzione di monumenti che hanno modificato notevolmente, in meglio o in peggio, la struttura della capitale Skopje. Non solo cultura: per mantenersi saldamente al potere, infatti, ha costituito anche un sistema di stato-partito fortemente clientelare. Dopo una crisi politica che durava dal 2014, dove il governo si è trovato in uno scandalo intercettazioni mai visto nella storia del Paese, le chiavi del governo sono state date al partito d’opposizione SDSM di Zoran Zaev, appoggiato da tutti i partiti dell’etnia albanese.

L’arrivo di Zoran Zaev ha dato un grande impulso nella risoluzione delle controversie regionali di politica estera dove la Macedonia si è trovata coinvolta. Le sfide ora restano soprattutto sul piano interno, nella speranza che si possa rilanciare l’economia, la sanità, il lavoro e riformare la giustizia, mentre sul piano internazionale, con l’apertura dei negoziati per l’adesione all’UE e alla NATO.

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L' Autore - Edoardo Corradi

Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche e attualmente studente al corso magistrale in Scienze Internazionali e della Cooperazione a Genova, mi occupo da anni di Balcani, Europa centrale e orientale. Ho vissuto un anno a Wrocław, Polonia, e ho collaborato con numerose rivistetra le quali East Journal. Ho all'attivo anche pubblicazioni su riviste scientifiche tra cui la Balkan Social Science Review e Political Studies Review.

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