L’8 ottobre, ad Elbasan, si è disputata la partita di ritorno per la qualificazione agli Europei tra Albania e Serbia. Quasi un anno fa, il 14 ottobre 2014, nella gara d’andata, le telecamere ripresero il volo sullo Stadio Partizan di un drone pilotato da Ismail Morina.
Albania e Serbia, mai una partita qualunque
La bandiera portata dal drone era quella della Grande Albania. Raffigurava infatti il territorio della nazione albanese, includendo regioni che attualmente non fanno parte dello Stato dell’Aquila a doppia testa, come il Kosovo, regioni del Montenegro, della Macedonia e della Grecia. Sulla bandiera comparivano i volti di Ismail Kemali e Isa Boletini, figure tra le più rappresentative della lotta per l’indipendenza albanese di inizio Novecento. Sulla bandiera anche la scritta “autoctona”.
“In gioco c’è l’immagine del Paese”, aveva detto il premier albanese Edi Rama. L’ideatore del drone, il 33enne Ismail Morina, è stato arrestato prima della partita dalla polizia di Tirana insieme ad altre tre persone che viaggiavano in macchina con lui, dopo essere stato trovato in possesso di due pistole, munizioni e 36 biglietti.
Viste le premesse, la tensione nei giorni antecedenti la partita era ai massimi livelli: erano stati dispiegati 1.600 poliziotti e coinvolti i servizi segreti per evitare il ripetersi di episodi di provocazione o violenza. Eppure l’autobus con a bordo la nazionale di calcio serba è stato preso a sassate. Come ha riferito il Vice Presidente della Federcalcio serba Savo Milosevic, l’incidente è avvenuto sulla strada dall’aeroporto all’hotel, dove la nazionale serba ha pernottato prima di recarsi a Elbasan. Un vetro del bus è stato infranto, i calciatori sono rimasti scioccati, ma nessuno ha riportato ferite, ha detto Milosevic. Scortato dalla polizia, l’autobus è giunto senza ulteriori danni all’hotel di Tirana.
Una nuova crisi diplomatica
Le ripercussioni dell’accaduto sono state essenzialmente diplomatiche: il Ministero degli Esteri serbo aveva preparato una nota di protesta a seguito dell’incidente. È stato convocato l’ambasciatore albanese a Belgrado, Ilir Bocka, il quale si sarebbe rifiutato di ricevere la nota di protesta del governo serbo, ribadendo che erano state prese misure di sicurezza adeguate e promettendo che non ci sarebbero stati altri incidenti. Il rifiuto ha causato una forte reazione da parte del governo serbo.
Il premier serbo, Aleksandar Vucic, ha dichiarato che l’ambasciatore albanese per sei mesi sarà una “persona non grata” e che in base all’art. 9 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, una Nazione ospitante può “in qualsiasi momento e senza dover motivare la sua decisione”, dichiarare un qualsiasi membro del corpo diplomatico come persona non grata, ovvero inaccettabile. Per i prossimi sei mesi quindi, non ci saranno contatti diplomatici con l’ambasciatore albanese, Ilir Bocka, anche in seguito al rifiuto dell’ambasciata albanese di accettare la nota di protesta del Ministero degli Esteri serbo.
Per il Primo Ministro serbo, l’attacco al bus non è stato l’unico incidente che ha portato alla decisione senza precedenti contro l’ambasciatore albanese. Ci sarebbero stati anche altri problemi alla base della nota di protesta. “Non è stato solo il lancio di sassi, ma c’erano anche altri atti che erano contro lo spirito dello sport”, le parole di Vucic. L’ambasciatore Ilir Bocka, dal canto suo, ha spiegato le sue ragioni, dicendo di aver considerato l’incidente come quasi “insignificante”. Se la nota di protesta fosse stata accettata, ogni sforzo compiuto dalle autorità albanesi affinché tutto filasse liscio sarebbe stato invano.
Oltre lo sport
Quanto successo è un’inevitabile situazione in cui in gioco non c’è solo il numero di goal, ma anche un confine sottilissimo: da una parte l’evento sportivo come possibile messaggio di distensione, dall’altra il serio rischio che quell’evento, se oscurato, possa rievocare rancori mai sopiti. Se la partita d’andata è diventata il teatro di una politica che attinge motivazioni nell’odio etnico, calpestando così di fatto quel confine sottile, quella di ritorno, nonostante il contenuto e, allo stesso tempo, lo spiacevole episodio del lancio di sassi, ha dato il via ad una vicenda dalle sfumature più marcatamente diplomatiche.