25 dicembre 1914. Quella che era iniziata come una guerra lampo si era ormai arenata tra i fossati delle trincee. E sebbene al fronte i giornali militari annunciassero l’imminente caduta della parte nemica ai soldati, in realtà la guerra sarebbe durata altri quattro anni. Difficile immaginare la vita nelle trincee, difficile immaginarlo anche leggendo le testimonianze: la pioggia che arriva e trasforma tutto in fango, le urla dei feriti nella terra di nessuno, l’odore di putrefazione, il dover vivere come topi con i topi, il tempo che non passa.
In questo scenario sembra ancora più surreale ciò che accadde nei giorni attorno al Natale nelle trincee del fronte occidentale. Le testimonianze raccontano che o per iniziativa di qualche soldato coraggioso o per delle candele accese nella notte o per un canto natalizio intonato a Natale lungo molte trincee del fronte occidentale soldati tedeschi e dell’Intesa posarono le armi per attraversare la terra di nessuno ed incontrare quello che era (e sarebbe ridiventato all’indomani) il nemico. Fu l’occasione per seppellire i morti anche con funzioni religiose, soccorrere i feriti che si trovavano tra le due trincee e scambiarsi doni – come tabacco, qualche dolce natalizio, cioccolata o bottoni, qualche racconto sulla vita dentro e al di fuori della guerra e qualche lettera. Tra le testimonianze vi è quella di un soldato inglese a cui un soldato tedesco consegnò una lettera da inviare alla sua fidanzata in quel momento a Londra.
E in un frangente in cui non era scontato che i soldati dei due fronti riuscissero a comunicare in una lingua comune, come spesso accade, lo sport fece la differenza. Si racconta, infatti, anche di partite di calcio improvvisate tra i due fronti. Non per nulla nei giorni scorsi gli eserciti inglese e tedesco si sono affrontati in una partita di calcio nello stadio di Aldershot per commemorare il centenario di quella che è passata alla storia come la “tregua di Natale”.
I fatti non furono ben accolti dalle autorità che evitarono persino che le notizie di questa tregua potessero arrivare all’opinione pubblica: descrivere i soldati nemici come persone, con desideri e sentimenti normali, non era sicuramente utile per la promozione degli sforzi imposti dalla guerra. Fu per primo il New York Times a parlarne nel dicembre di quell’anno (gli USA non erano ancora entrati in guerra) con un articolo del proprio corrispondente di guerra. Negli anni seguenti i Paesi in guerra, consci della pericolosità di simili atteggiamenti di fratellanza, intensificarono il controllo sui soldati durante il periodo natalizio e episodi simili divennero molto più rari.
Prima di Natale vi erano stati i tentativi di promozione di una tregua senza alcun successo. Ad esempio, l’allora Papa Benedetto XV aveva fatto pressione sui differenti governi affinché almeno durante le feste natalizie vi fosse un cessate il fuoco. Nel suo discorso del 24 dicembre Benedetto XV diceva: «Ci balenò alla mente il proposito di schiudere, in mezzo a queste tenebre di bellica morte, almeno un raggio, un solo raggio del divin sole della pace, ed alle nazioni contendenti pensammo di proporre, breve e determinata, una tregua natalizia, accarezzando la fiducia che, ove non potessimo dissipare il nero fantasma della guerra, ci fosse dato almeno di apportare un balsamo alle ferite che essa infligge». I Paesi in guerra non si accordarono. Ma dove non arrivò la volontà dei potenti arrivò la volontà degli uomini.