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Serbia contesa, in ballo tra le sirene cinesi e l’ingresso nell’Ue

Il rilancio della politica di allargamento dell’Unione europea verso i Balcani occidentali è stato uno dei temi principali del vertice trilaterale tenutosi lo scorso 27 febbraio a Belgrado. I ministri degli esteri di Albania, Italia e Serbia hanno discusso in merito ad un approccio comune dei paesi della regione basata sul supporto garantito dall’Italia ad una politica di allargamento dell’UE nei Balcani occidentali.

I pionieri dei Balcani occidentali

Il programma di lavoro della Commissione europea per il 2018 afferma l’intenzione di presentare una strategia per l’adesione all’UE della Serbia e Montenegro definiti “candidati pionieri dei Balcani occidentali”. Seppur con un preciso caveat in merito all’allargamento dell’Unione durante questo mandato della Commissione e del Parlamento europeo, tale documento si inserisce nel solco tracciato dal processo di Berlino: un’iniziativa diplomatica legata all’allargamento dell’Unione europea ai paesi dei Balcani occidentali che è stato fortemente supportato dalla Germania durante il terzo cancellierato di Angela Merkel.

L’incontro dello scorso febbraio mostra l’interesse a tenere vivo questo processo con una ferma volontà di sottolineare gli sforzi comuni per attuare la tabella di marcia, decisa durante il vertice di Trieste, volta alla creazione di una zona economica regionale e l’attuazione dell’agenda per la connettività. Il vertice ha inoltre confermato l’impegno e la determinazione a mantenere la pace e la sicurezza nella regione come obiettivo comune dei paesi dei Balcani occidentali. Lo scopo è quello di rafforzare ulteriormente la sicurezza e la cooperazione, superando divisioni ed interessi nazionali.

Riguardo il processo di normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia, è stata sottolineata l’importanza della mediazione europea come strumento più idoneo al raggiungimento di soluzioni comuni volte al rispetto di entrambe le parti.

Il percorso della Serbia ed il ruolo di Italia e Cina

L’Italia sta esercitando una forte pressione nelle diverse sedi europee per facilità l’ingresso della Serbia all’interno dell’Unione. La presenza economica italiana in Serbia è estremamente rilevante e rappresenta una delle principali fonti di investimento per il paese. Nel paese balcanico operano più di un centinaio di società italiane in quasi tutti i settori d’attività tra cui banche, automotive, servizi assicurativi e armamenti. Ultimamente sono in crescita gli investimenti nel settore degli alimenti biologici, come anche nel settore energetico, in particolare per le risorse di energia rinnovabili.

Ma l’Italia è anche il mercato di esportazione numero uno per l’economia serba ed il secondo paese dal per importazioni (seconda solo alla Germania). Secondo le statistiche del UN Comtrade Database, le importazioni nel 2016 hanno raggiunto 1,98 miliardi di euro. Circa il 90 percento degli scambi sono prodotti industriali, ed il resto sono prodotti agroalimentari.

Non stupisce quindi che l’Italia sia uno dei maggiori sponsor della Serbia come prossimo candidato all’ingresso nell’Unione Europea. A far protendere per un’accelerazione nel processo di adesione è anche il progetto cinese “One bealt, One road”, la nuova Via della Seta, volta alla creazione di infrastrutture che facilitino l’ingresso dei prodotti cinesi nei Balcani e conseguentemente nel mercato europeo. Nel 2016 il presidente cinese Xi Jinping ha scelto la città industriale di Smederevo sul fiume Danubio per annunciare che la Serbia è al centro di un’iniziativa volta al miglioramento delle infrastrutture nel paese per un valore di novecento miliardi di dollari. Nelle valutazioni dei leader europei rientrano anche le promesse russe di armi ed energia a prezzi scontati per evitare l’adesione serba alle forze della NATO (il Montenegro ha aderito all’alleanza nel mese di giugno 2017).

Modelli di sviluppo a confronto nello snodo serbo

L’Unione Europea non è quindi l’unico partner per quello che è stato uno dei Paesi più poveri dell’area ma che oggi è in grado di attrarre numerosi investimenti e rappresenta un importante snodo geopolitico. L’Unione sembra ricevere ancora un maggior consenso ma le richieste di Bruxelles per una serie di cambiamenti giudiziari, politici ed economici prima dell’adesione hanno creato un certo malumore.

In gioco non ci sono solamente gli interessi economici ma diversi modelli di sviluppo. Un paese perennemente in bilico tra autoritarismo e democrazia non può non subire il fascino delle sirene provenienti dall’oriente che propongono un modello economico poco attento ai diritti ma in grado di garantire un rapido sviluppo economico. La preferenza cinese per le relazioni bilaterali e refrattaria ad organizzazioni di tipo regionale sembra in grado di far breccia all’interno della realtà balcanica storicamente frammentata.

Una sfida interessante dunque per un’Europa che deve trovare un equilibrio tra la staticità delle regole interne che si è data ed il continuo fluire della realtà geopolitica.

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L' Autore - Daniele Di Cara

Viaggiatore incallito e curioso mi piace vivere il mondo e raccontarlo. Ho esperienze nel settore della cooperazione europea in campo giovanile. In passato ho servito in Ecuador come United Nations Volunteer per l'UNDP e in Bulgaria all'interno del programma europeo SVE. Mi sto specializzando nelle relazioni internazionali dell'Asia orientale.

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