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Korwin-Mikke
L'europarlamentare Korwin-Mikke © Piotr Drabik - www.flickr.com, 2012

Il caso dell’europarlamentare Korwin-Mikke: il Tribunale dell’UE lo assolve

Il 1° marzo 2017, durante la plenaria del Parlamento Europeo sulle differenze di salario tra uomini e donne, l’europarlamentare Korwin-Mikke si è rivolto così ad una sua collega (v. il testo della sentenza del Tribunale dell’Unione europea nell’affaire T-352/17, ad oggi disponibile solo in lingua francese):

« Connaissez-vous le palmarès des femmes lors des Olympiades polonaises de physique théorique? Quelle était la position de la meilleure femme ou fille? Je peux vous le dire: 800. Et vous savez combien de femmes se trouvent parmi les cent premiers joueurs d’échecs? Je vous le dis: pas une. Et bien sûr, les femmes doivent gagner moins que les hommes parce qu’elles sont plus faibles, plus petites et moins intelligentes, elles doivent gagner moins. C’est tout ».

Con queste parole, il deputato ha in sostanza affermato che le donne meriterebbero una minor retribuzione degli uomini, poiché minore ne sarebbe l’intelletto. È da lui citato l’esempio delle Olimpiadi polacche di fisica teorica, in cui la più alta posizione in classifica ricoperta da una donna è la n. 800, nonché quello della lista dei cento migliori giocatori di scacchi, priva di nomi femminili.

La libertà di espressione e l’europarlamentare Korwin-Mikke

Il Presidente del Parlamento Europeo ha punito tali osservazioni con la sospensione del loro autore dalle attività parlamentari, senza pregiudizio del diritto di voto in seduta plenaria, per dieci giorni consecutivi. Una volta che il Bureau del Parlamento, ossia l’organo direttivo che si occupa di regolare le questioni a carattere amministrativo, organizzativo e relative al personale, ha confermato le misure sanzionatorie, il deputato ha adito il Tribunale dell’Unione Europea.

Le violazioni allegate includevano un attacco alla libertà d’espressione, protetta dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dal corrispondente articolo 10 della CEDU. Nella sentenza precitata (T-352/17) del Tribunale lussemburghese si legge, al punto 41:

« (…) il ressort de la jurisprudence de la Cour EDH que (…) la liberté d’expression vaut non seulement pour les informations ou pour les idées accueillies avec faveur ou considérées comme étant inoffensives ou indifférentes, mais aussi pour celles qui heurtent, choquent ou inquiètent l’État ou une fraction quelconque de la population. Ainsi le veulent le pluralisme, la tolérance et l’esprit d’ouverture sans lesquels il n’est pas de société démocratique».

In altri termini, il diritto di esprimersi liberamente non si estende solo alle convinzioni che il senso comune trova accettabili, ma anche a quelle offensive o scioccanti, senza che però questo vieti di limitarlo laddove necessario (come ricordato al successivo punto 42). I giudici si sono quindi chiesti se la libertà d’espressione dell’europarlamentare dovesse subire restrizioni nel caso di specie, tenendo conto in particolare dell’articolo 166 del regolamento interno del Parlamento (cap. 4, titolo VII, relativo alle sessioni). La norma in questione consente di comminare delle sanzioni in gravi casi d’infrazioni all’ordine o di turbativa dell’attività parlamentare.

La conclusione a cui si è giunti nella decisione è che, benché un Parlamento possa limitare gli interventi dei deputati qualora questi pregiudichino il buon funzionamento dell’istituzione stessa, o costituiscano degli appelli alla violenza o all’odio sociale, la vicenda dell’eurodeputato non apparterrebbe a tale descrizione. In particolare, non risulta che dall’intervento scaturirono seri sconvolgimenti dei lavori assembleari ai sensi del suddetto art. 166:

«Il importe de constater, à cet égard, qu’il ne ressort ni de la décision du bureau, ni des écritures des parties, que les propos tenus par le requérant devant le Parlement lors de la séance plénière du 1er mars 2017 aient créé un quelconque trouble de ladite séance, au sens de la première alternative visée à l’article 166, paragraphe 1, premier alinéa, du règlement intérieur ».

È su tali basi che, lo scorso 31 maggio, il Tribunale dell’UE ha disposto l’annullamento della decisione del Bureau del PE adottata nei confronti dell’euro-politico Korwin-Mikke.

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L' Autore - Roberta Bendinelli

Laureata in giurisprudenza, ho conseguito un LL.M. in diritto dell'Unione europea all'Université Libre de Bruxelles, specializzandomi in diritto dell'immigrazione.

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