In Baviera, la scorsa settimana s’è assistito a un coup de thèâtre elettorale: pur restando in testa, i cd. cristiano-sociali di Markus Söder hanno perso la maggioranza assoluta. L’idea di fondo di tale forza politica è sempre stata la tutela della classe lavoratrice basata sui valori solidaristici propri del cattolicesimo. Sebbene con un’allure conservatrice più spiccata, rappresenta la versione bavarese dell’Unione cristiano-democratica di Angela Merkel.
Sono cresciuti invece i Verdi di “Die Grünen”, guidati dalla giovane Katharina Schulze. Tra le loro principali rivendicazioni, s’annovera la richiesta di pari diritti per donne e uomini, di maggior protezione per gli immigrati e dell’uso di risorse energetiche rispettose dell’ambiente.
La questione migranti
Ancora una volta, è stata la questione migratoria ad avere un impatto chiave sulle dinamiche elettorali: i conservatori guidati da Söder hanno reagito in modo aggressivo al considerevole flusso di migranti in arrivo in Germania, prendendo le distanze dalla Merkel e avviando una politica di lotta al cd. turismo dell’asilo, per evitare la compromissione dei valori bavaresi e cristiani.
Da ricordarne l’iniziativa d’esporre il simbolo della croce all’entrata degli edifici pubblici, nonché l’asserzione secondo cui se la Germania è una nazione forte, lo deve alle risorse bavaresi. Quest’ultima denota uno spirito marcatamente territoriale, che mal si sposa col sovra-nazionalismo europeista. La deriva a destra è stata tale che il New York Times ha dedicato a Söder un articolo intitolato: The Man They Call Germany’s Trump.
L’evoluzione
Il suo punto di vista è ulteriormente precisato da alcune frasi riportate da Politico Europe, che ne descrivono il rapporto col mondo musulmano. Tra esse, la definizione della Baviera come una realtà cristiano-occidentale ed ebreo-umanista, a cui l’Islam non avrebbe apportato, nella storia recente, contributi degni di nota (“Our world is occidental-Christian, Jewish-humanistic”; “Islam has not made an outstanding contribution to Bavaria in the last 200 years and now we have to be clear about the roots of our own land”).
Non è chiaro se simili posizioni siano state o meno studiate a tavolino, nel tentativo di sottrarre voti alla cd. Alternativa per la Germania, il vero e proprio partito populista ed euroscettico tedesco. Quale che ne sia la ragione, resta il fatto che la sfiducia dei cristiano-sociali verso lo straniero ha contribuito in modo decisivo all’ascesa della Schulze.
Il confronto con Svezia e Italia
Questo dato è di grande interesse, in quanto fornisce uno spunto di riflessione, collegandolo ai casi svedese e italiano. Nel primo, la crisi dei migranti del 2015 ha portato alla vittoria dei Democratici Svedesi, espressione del populismo di destra e, in quanto tali, inclini a criminalizzare il fenomeno migratorio. Nel secondo, la circostanza che Roma si sia trovata schiacciata, insieme ad Atene, dal funzionamento delle regole di Dublino ha causato il trionfo dei movimenti antisistema attualmente alla guida del paese.
In altri termini: il superamento della contrapposizione tra destra e sinistra s’è, in Svezia e in Italia, tradotto nell’imperversare del populismo. Il successo di “Die Grünen”, invece, è frutto di una logica opposta. In Baviera, dove i conservatori sono diventati essi stessi dei populisti, le tradizionali logiche politiche sono state soppiantate da un partito che promuove il rispetto dei diritti dell’uomo e dell’ambiente.
L’insegnamento che se ne trae è che il populismo non è la sola risposta possibile alle difficoltà di gestione del fenomeno migratorio; potrebbe a tal fine intraprendersi, come suggerito dai Verdi bavaresi, la diversa strada del miglioramento dell’integrazione dei newcomers all’interno della società europea.